“La storia di questa storiografia potrebbe essere uno specchio attraverso cui studiare trasformazioni, tensioni, aspirazioni, contraddizioni e sensi di colpa del socialismo francese e, più in generale, del socialismo europeo. Così il socialismo francese «fondato sulla fratellanza e l’unione delle classi» è stato evocato contro il socialismo tedesco della lotta di classe (9); il socialismo dell’organizzazione del lavoro è stato riattivato durante la fase neo-corporativista degli anni Trenta e Quaranta (10), il socialismo critico è stato riesumato come fonte importante di Karl Marx (11); il socialismo della differenza è stato recuperato dopo la liquidazione del marxismo (12). Si tratta di analisi a volte interessanti, talvolta particolarmente fini, ma per la loro prospettiva teleologica, poco interessate a mettere in luce la logica irriducibilmente propria di questo socialismo. Per sottovalutazione della specificità del momento storico intendo, invece, la propensione a vedere nei socialisti repubblicani della Monarchia di luglio nient’altro che l’ultima incarnazione dell’egualitarismo rivoluzionario, la prima espressione confusa di un socialismo scientifico a venire o un momento di formazione del repubblicanesimo francese la cui piena maturità non sarà raggiunta che con la fondazione della Terza repubblica. Il decennio che precede il 1848 diviene così una tappa secondaria in percorsi biografici e politici che hanno il proprio centro e il proprio senso altrove. Per evitare questa tentazione storiografica, in questo lavoro, ho scelto di sviluppare un’analisi che, valorizzando l’unicità del periodo chiave della Monarchia di luglio (13), si preoccupasse innanzitutto di comprendere come le eredità repubblicane e operaie siano state reinterpretate all’interno di un nuovo modo di pensare. Ho così anche cercato di ovviare ai limiti imposti dalla segmentazione degli studi dedicati a particolari correnti politiche o a singoli autori, ponendo invece al centro dell’analisi la rottura, nel modo di pensare la politica e la società, che si realizza trasversalmente nel decennio considerato. Tale rottura è stata messa in evidenza, da Marcel Mauss che, già intorno al 1920, distingue con forza Babeuf e Buonarroti («des égalitaires attardés») dai veri socialisti (Saint-Simon, Sismondi, Louis Blanc, Fourier e la sua scuola, Cabet, Raybaud, Pierre Leroux, gli owenisti e tutte le nuove scuole) (14). Analogamente a Marx, nonostante fossero venute meno le motivazioni tattiche che avevano influito nella classificazione scelta nel ‘Manifesto’, Mauss riunisce però tutte le correnti della prima fase del socialismo sotto l’etichetta di «utopici e critici» nascondendone così un fondamentale elemento. Non solo parti critiche e parti costruttive sono sempre inscindibili, ma anche, e fin da subito, il socialismo si accompagna, e non casualmente, alla volontà di fondare e di affinare una scienza sociale (15) In questo senso, anche nelle sue declinazioni più misticheggianti, non vi è socialismo francese nella prima metà dell’Ottocento che non sia scientifico” (pag 14-15) [Andrea Lanza, ‘All’abolizione del proletariato! Il discorso socialista fraternitario, Parigi 1839-1847’, Franco Angeli, Milano, 2010] [(9) Cfr. per esempio G. Isambert, ‘Les idées socialistes en France de 1815 à 1848. Le socialisme fondé sur la fraternité et l’union des classe’, Paris, Félix Alcan, 1905; (10) Particolarmente emblematico, ma certo non unico: P. Verlinde, ‘L’oeuvre économique de Louis BLanc’, cit.; (11) Si fa riferimento non solo alle opere più schematiche della scuola marxista (di cui è esemplare R. Garaudy, ‘Les sources françaises du socialisme scientifique’, Paris, Editeurs Reunis, 1949), ma anche e soprattutto a un largo ed eteronegeno spettro di ricerche, talvolta sottili e problematiche. Gian Mario Bravo, presentando quella che è stata a lungo in Italia, e non solo, l’introduzione più conosciuta al primo socialismo, riassume bene la prospettiva: «In tale corpo teorico si presentarono, il più delle volte scisse e non coordinate in un sistema omogeno, tutte quelle motivazioni che Marx ed Engels recepiranno, vaglieranno o esporranno, in modo che appunto verrà detto “scientifico”» (‘Storia del socialismo, 1789-1848. Il pensiero socialista prima di Marx’, Roma, Editori Riuniti, 1971, p. 9; (12) Si può pensare, nella forma più fine, alla lettura di Pierre Leroux, avanzata da Miguel Abensour (cfr. per es: ‘Le procès des maîtres réveurs’, Arles, Sulliver, 2000, p. 21); (13) Per una sintesi di tratti maggior del quinto decennio dell’Ottocento e l’ambiguo sentimento di un cambiamento d’epoca, cfr. V. Collina, ‘Le democrazie nella Francia del 1840’, Firenze, D’Anna, 1990; e anche, per la sintesi, J.C. Caron, ‘Le “tournant” de 1845 et la prise de conscience de Michelet’, “Textuel”, 2005, n. 47 (‘Comment lire’ Le Peuple?), pp. 51-65; (14) M. Mauss, ‘Les idées socialistes. Le principe de la nationalisation’ (chapitre inédit de l’ouvrage sur la nation), in Id., ‘Ècrits politiques’, Paris, Fayard, 1997, p. 251 (trad. it. in ‘I fondamenti di un’antropologia storica’, Torino, Einaudi, 1998; (15) Sulla categoria di utopia in riferimento al primo socialismo francese, cfr. M. Larizza Lolli, ‘”Socialisme” et “utopisme”: deux catégories à méditer?. Quelques considérations à partir du cas du saint-simonisme’, in ‘Romantismes et socialismes en Europe, 1800-1848), Actes du Colloque de Lille (1987), Paris Didier Érudition, 1988, pp. 137-150]