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“Nei prezzi tutto si maschera data la differenza tra profitto e plusvalore, e si maschera non solo al capitalista ma anche all’operaio (1). E’ essenziale capire cosa si cela, a parere di Marx, sotto la maschera dei prezzi. La famosa “trasformazione dei valori in prezzi di produzione”, non deve essere intesa, a nostro parere come se i valori si possano esprimere matematicamente in prezzi; è vero piuttosto che i valori hanno ora perduto la forma e il ruolo che possedevano nelle astrazioni del I libro, per assumere forma e ruolo di prezzi dato che questi ultimi ormai non sono più una diretta filiazione dei valori. Infatti i prezzi non rappresentano più la somma meccanica dei valori incorporati, vale a dire non sono la loro espressione monetaria ma piuttosto la loro metamorfosi. Nei prezzi, secondo Marx, i valori ci sono e non ci sono. Ci sono perché il lavoro crea valore e le merci sono lavoro oggettivato; non ci sono perché nei prezzi lavoro e valore non corrispondono. Marx osserva come per l’intervento del saggio generale di profitto: “Sulla base del valore di scambio si sviluppi un prezzo di mercato diverso da questo o, meglio, come la legge del valore di scambio si realizzi soltanto nel proprio opposto” (2). Mentre nel I libro si hanno provvisoriamente prima i valori-lavoro e poi i prezzi, come derivati, nel III invece, cioè nella realtà, si hanno prima i prezzi e poi i valori (3). Non si annulla in tal modo il I libro, se ne rovescia soltanto il rapporto. Se nel I libro era il lavoro sociale incorporato in una merce individuale, e come tale misurabile con esattezza, a formare il prezzo, nel III vediamo che la concorrenza ha sconvolto tutto, unificando i capitali individuali in un solo capitale sociale. Li ha così incatenati alla stessa sorte, trasferendo le differenze tra capitale e capitale, in relazione alla divisione del profitto, dall’ammontare della parte variabile all’ammontare del capitale complessivo  e rendendo impossibile la misurazione individuale del valore e del plusvalore. “La trasformazione – dice Marx – dei valori in prezzi di produzione, impedisce di vedere la base su cui si fonda la determinazione del valore… Il profitto gli appare [al capitalista] come qualcosa che rimane al di fuori del valore immanente della merce. A questa idea viene ora pienamente data conferma, solidità, struttura; poiché infatti, se si considera una particolare sfera di produzione, il profitto aggiunto al prezzo di costo non è determinato dai limiti della formazione di valore che in esso avviene, ma è invece determinato completamente al di fuori di essi” (4). E’ opportuno ricordare tuttavia che Marx non nega mai la legge del valore-lavoro, anche se nel III libro essa è applicabile soltanto al capitale complessivo. Ciò che nel I libro sembrava valido per un singolo capitale ora è valido solo per il capitale nella sua totalità. In esso plusvalore e profitto coincidono e non coincidono: coincidono dal punto di vista della totalità, non coincidono nelle parti, poiché si distribuiscono in modo ineguale, parallelamente ai prezzi” [Enrico Grassi, L'”esposizione dialettica” nel Capitale di Marx, 1976] [(1) Il Capitale, Libro III, cap. 9°, p. 214; (2) K. Marx, cit., sec. R. Rosdolsky, op. cit., p. 432; (3) Si veda anche la prefazione di Engels al III Libro; (4) Il Capitale, Libro III, cap. 9°, p. 214]