“Leggiamo un passo di un articolo di Grün e il commento che ne segue: «Quando si nomina Feuerbach, si è nominato tutto il lavoro della filosofia da Bacone di Verulanio fino ad oggi, si è detto in pari tempo che ciò che in ultima istanza la filosofia vuole e significa, si ha l’uomo come risultato ultimo della storia universale. In tal modo ci si mette all’opera con un metodo più sicuro, perché più profondo, di quando si mette su tappeto il salario, la concorrenza, la manchevolezza delle costituzioni e degli ordinamenti… Abbiamo acquistato l’uomo, l’uomo che si è spogliato della religione, delle idee morte, di ogni essenza a lui estranea insieme con tutte le loro trasposizioni nella pratica, il puro, il verace uomo». Ed ecco il commento di Marx-Engels: «Basta questa frase per chiarire appieno la specie di «sicurezza» e di «profondità» che ci si possono aspettare dal signor Grun. Egli trascura le questioni piccole. Fornito di una fede imperscrutabile nei risultati della filosofia tedesca, così come sono custoditi da Feuerbach, ossia che l”uomo’, il ‘puro’, il ‘verace uomo’, è il fine ultimo della storia universale, che la religione è l’essenza umana estraniata, che l’essenza umana è l’essenza umana e la misura di tutte le cose; fornito delle altre verità del socialismo tedesco (vedi sopra): ossia che anche il denaro, il lavoro salariato ecc. sono estraniazioni dell’essenza umana…» (pp. 513-14). Proprio attraverso la critica della filosofia di Feuerbach sedimentata nella critica dei «veri socialisti», Marx-Engels mostrano (a noi che leggiamo ora) che essi erano da un’altra parte rispetto alla critica «umanistica» dell’economia politica che era stata – due anni avanti lo spontaneo risultato del marxismo derivato dal trapianto dell’economia politica, sapere astratto e ideologia feuerbachiana. Nel 1846 i ‘Manoscritti economico-filosofici’ sono molto lontani: l’apparato concettuale di Feuerbach è consumato almeno per quanto riguarda la possibilità che un concetto filosofico come quello di essenza dell’uomo possa costituire uno strumento per condurre un qualsiasi «dato» comunque reperito – dall’esperienza, dalla pratica politica, dal sapere – alla forma scientifica della sua pensabilità. Tant’é che nella ‘Ideologia tedesca’ non vi è per nulla una «critica dell’economia politica» proprio perché sono venute meno le «evidenti condizioni teoriche che l’avevano consentita nei ‘Manoscritti’, mentre viene usata positivamente la generica ideologia materialistico-antropologica che accompagna l’economia politica classica, e i concetti economici servono per una ricostruzione materiale del processo storico. Infine: Engels nella ‘Ideologia tedesca’ si sforza di mostrare come gli scritti di Marx apparsi nei ‘Deutsch-Französische Jahrbucher’ godessero già di una autonomia teorica rispetto a Feuerbach: «Avendo Feuerbach presentato il mondo religioso come l’illusione del mondo terreno, il quale in Feuerbach stesso appare semplicemente come ‘frase’, si presentò naturalmente anche per la teoria tedesca la domanda alla quale egli non aveva risposto, come è accaduto che gli uomini ‘si mettono in testa’ queste illusioni? Questa domanda apriva per gli stessi teorici tedeschi la strada della concezione materialistica del mondo, che ‘non è priva di presupposti’ ma osserva i presupposti materiali reali ed è perciò, essa sola, la concezione del mondo ‘realmente’ critica. Questo passaggio era già indicato nei ‘Deutsch-Französische’Jahrbucher, negli scritti ‘Per la critica della filosofia del diritto di Hegel’ e ‘Sulla questione ebraica’. Poiché ciò fu fatto usando ancora la fraseologia filosofica, le espressioni filosofiche tradizionali sfuggite in quegli scritti, come ‘essenza umana, specie’ ecc., offrirono ai teorici tedeschi l’occasione desiderata di fraintendere il corso reale delle idee e di credere che in essi si trattasse soltanto di dare una nuova piega, ancora una volta, alle loro consunte vesti teoriche…» (pp. 231-32)” (pag 36-39) [Fulvio Papi, ‘Episteme e ideologia nella “Concezione materialistica della storia”‘, Quaderni di Studio dell’Istituto di Filosofia dell’Università di Pavia, Pavia, 1974]
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- Articolo pubblicato:10 Dicembre 2024