“Plevna è caduta sotto la ferrea stretta del vecchio Totleben (generale russo, ndr). Ma il nome Plevna rimarrà un incubo per lo zarismo moscovita e il quartier generale russo sarà certo un po’ meno orgoglioso della vittoria di quanto vorrebbe farci credere la stampa addomesticata dalla “civiltà” del rublo. Plevna ha dimostrato di che cosa sono capaci i turchi nella difesa. È certo che la caduta di Plevna segna una nuova svolta dell’intero corso della guerra orientale. Ma Plevna ha arrestato i russi fino quasi a metà dicembre e questo è un fatto che adesso – quando si impone l’interrogativo se condurre una campagna invernale – assume un’importanza fondamentale. Se i russi hanno ancora intenzione di intraprendere l’avanzata nei Balcani, tanto ardentemente desiderata, l’inverno può giocare loro un brutto tiro. Se l’intera Bulgaria sarà ricoperta di neve e sferzata dalla pioggia, se il Danubio sarà gelato, il vettovagliamento e l’approvvigionamento dell’esercito russo saranno estremamente difficili e la campagna invernale potrebbe facilmente tramutarsi in una terribile lezione per “arroganti generali di cavalleria”. Considerato tutto questo, non si può escludere che la Turchia, ovvero il suo governo, si lasci intimorire dalle due sconfitte di Kars e di Plevna e si pieghi alle vittorie militari dei russi. È una cosa che ci sembra persino molto probabile se a Costantinopoli rimangono al potere gli attuali “artefici”, quegli stessi vecchi e coriacei consiglieri di guerra e di Stato che hanno costretto Sulayman all’insensato attacco sul passo Shipka e hanno richiamato Mehemet Alì quando era nel pieno delle operazioni, cosicché non vi è potuta essere alcuna sintonia nei movimenti turchi. Le masse di Costantinopoli sono in gran fermento e non è impossibile che la caduta di Plevna trascini dietro di sé anche la rovina di Mahmud Damat Pascià. (…) Se la nuova svolta della guerra provocasse la caduta di Mahmud Damat e salisse al potere un governo dotato del coraggio di difendersi, allora le cose prenderebbero facilmente una piega tale da annullare la perdita di Plevna. A dire il vero, Plevna ha svolto il compito di arrestare il più a lungo possibile i russi senza perdite eccessive. Ma la Turchia ha ancora Costantinopoli, e questa immensa città può difendersi se vi risiede un governo che abbia in sé energia e coraggio. L’assedio di Costantinopoli è più difficile di quello di Parigi. Il signor von Moltke, che certamente si intende di queste faccende, nelle sue lettere orientali afferma che per conquistare Costantinopoli sono necessari tre eserciti e due flotte. I russi hanno forse intenzione di assediare Costantinopoli d’inverno? Ciò può facilmente costare loro un esercito: di che cosa potrebbe vivere? E a Costantinopoli i turchi possono veramente dimostrare quanto sono abili nella difesa. Tutto questo, lo ripetiamo, non esclude che il governo turco, spaventato dai terribili effetti delle sue sconfitte, si lasci intimidire e ceda a una “pace”. Così interpretiamo la situazione. Ovviamente non ci entusiasmiamo per nessuno dei due sistemi che si combattono sui campi di battaglia della Bulgaria e dell’Armenia. Si tratta di due vecchi dispotismi in stridente contrasto con lo spirito dei nostri tempi. Siamo di gran lunga lontani dal voler contribuire anche solo di una virgola all’esaltazione degli “eroi” che figurano in questo spaventoso dramma bellico. Lo sterminio di massa rimane sempre sterminio di massa. Ma con questa guerra i due vecchi dispotismi andranno incontro alla loro rovina. Per quanto sia ancora così scadente la Costituzione turca, le idee riformiste di Midhat ecc. annunciano che il “regno del profeta” è finito. E se la caduta di Plevna trascina con sé il crollo della vecchia amministrazione degli eunuchi e del serraglio, presto al Bosforo si vedranno cose del tutto diverse. La Russia non può rimanere indietro rispetto a questa trasformazione. I turchi – anche senza volerlo – hanno provocato in Russia un cambiamento inevitabilmente radicale. Dopo questa guerra la Russia non può rimanere ancora senza costituzione; volerla negare significherebbe evocare la rivoluzione. E quando a Pietroburgo soffierà il vento del 1789, allora nel “concerto europeo” diversi uccellini impareranno a fischiare ben altre melodie!” (pag 667- 668) (Wilhelm Blos, ‘Neva e Bosforo’. (Sulla base di una lettera di Friedrich Engels), Hamburg-Altonaer Volksblatt, n. 150 16 dicembre 1877) [(in) Karl Marx Friedrich Engels, Opere. Volume 24. Scritti, febbraio 1874 – maggio 1883′, Edizioni Lotta Comunista, Milano, 2021]
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- Articolo pubblicato:8 Giugno 2022