“Marx, che non era certamente tutto prosa, ma aveva realizzato in sé un’equilibrata sintesi di prosa e misticismo, non preparò mai, anzi sempre avversò chi preparava, un moto insurrezionale). Blanqui e Bakunin erano di fatto, malgrado il loro ateismo, mistici assai più dello stesso Mazzini: erano tutto insurrezione e niente prosa quotidiana, anche se come organizzatori valevano in realtà molto più di Marx, essendo più tenaci di lui nel tener insieme i militanti e avendo molto più fascino sui loro sottufficiali e luogotenenti. (A differenza loro, Marx ed Engels insultarono e scontentarono regolarmente, dopo qualche anno, tutti i propri luogotenenti). Per concludere, Lassalle sì, se fosse vissuto, ma né Blanqui, né Bakunin avrebbero potuto, se Marx putacaso non fosse esistito, diventare i numi tutelari di quell’organizzazione operaia socialista che si costituì dappertutto attorno al 1880 (un po’ prima, un po’ dopo, secondo i paesi). (…) Se la sintesi di miraggio rivoluzionario lontano e politica pratica quotidiana è profetismo, Marx fu certamente il profeta: sottolineo l’il perché (a parte Lassalle morto troppo presto), essa si trova solo in Marx. Ma è essa profetismo, nell’uso corrente della parola? Bada, è profetismo se ci si riferisce a ‘il’ profeta: Maometto. Quegli fu effettivamente mistico e politico astuto insieme (anzi, assai più astuto di Marx, infinitamente più astuto di Engels, parecchio più astuto dello stesso Lenin – e certo non meno mistico di loro (…)” (pag 112) [Dalla lettera di Valiani a Garosci, Milano, 7 agosto 1951, (in) ‘L’impegno e la ragione. Carteggio tra Aldo Garosci e Leo Valiani (1947-1983)’, a cura di Franco Fantoni, Franco Angeli, Milano, 2009]