“E come tutti gli Stati borghesi sono «in ultima analisi, obbligatoriamente, una ‘dittatura della borghesia», allo stesso modo «il passaggio del capitalismo al comunismo non potrà non produrre un’enorme abbondanza e varietà di forme politiche, ma la sostanza sarà inevitabilmente una sola: ‘la dittatura del proletariato’» (17). Chiediamoci allora: qual è l’atteggiamento, la posizione di questa «dittatura» verso la democrazia? Se l’ideale democratico – come vuole la tradizione liberale dell’occidente europeo – è la diretta partecipazione del popolo alla scelta dei governanti e all’esercizio del potere, il proletariato dovrà ‘sempre’ servirsi della democrazia per conquistare e conservare un posto di primo piano nel governo dello Stato, come proprio in quegli anni sosteneva Karl Kautsky e come ripeteranno molti altri socialisti europei? Oppure anche la democrazia ha un valore ‘strumentale’, e è destinata a scomparire in un avvenire più o meno prossimo, così come dovrà scomparire tutta la struttura dello Stato? Sotto questo aspetto credo che la posizione di Lenin appaia estremamente esplicita là dove afferma che «la democrazia è una ‘forma dello Stato’, una delle sue varietà. Essa è quindi, come ogni Stato, l’impiego organizzato, sistematico, della violenza (‘nasilie’) verso gli uomini» (18). E da qui egli prende l’avvio per sviluppare la linea direttiva in merito al problema dell’avvenire della democrazia, secondo un indirizzo programmatico, in parte già presente soprattutto nell’ultimo Engels: «Ragionando dello Stato …. si dimentica che la soppressione dello Stato è anche la ‘soppressione della democrazia (‘unictozenie demokratii’) e che la scomparsa dello Stato è anche la ‘scomparsa della democrazia’ (‘otmiranie demokratii’)», poiché «la democrazia non si identifica con la sottomissione della minoranza alla maggioranza. La democrazia è lo Stato che riconosce la sottomissione della minoranza alla maggioranza, ossia l’organizzazione della violenza da parte della popolazione contro l’altra» (19)” (pag 44-45) [Arturo Colombo, ‘Metodologia e storia nelle dottrine politiche. Ricerche e problemi’, Dott. A. Giuffré editore, Milano, 1964] [(17) Lenin, ‘Socinenija’, p. 385, trad. il, p. 151; (18) Lenin, idem, pp. 443-44; per la trad. it. a p. 194 rimando a quanto ho già detto nella nota 29 del primo capitolo; (19) Lenin, Idem, p. 428; trad. it., p. 182. I corsivi sono miei] [nota (29) primo capitolo: ‘V.I. Lenin, ‘Gosudarstvo i revoljucija’, in ‘Socinenija’, V, ed. 1950, vol. 25, pp. 443-444. Mi sembra opinabile, invece, la traduzione italiana fatta dalle “Edizioni in lingue estere” di Mosca, Lenin, ‘Opere scelte’, 1948, vol. II, p. 194, perché il termine russo ‘nasilie’ in questo caso è tradotto con il termine italiano «costrizione», mentre altrove è tradotto, più esattamente, con «violenza». Ora, che i due termini non siano sinonimi identici, e quindi interscambiabili, dovrebbe risultare evidente anche a chi non ha molta pratica con le sottigliezze linguistiche]