“La letteratura marxista dopo Marx non conosce nulla che possa competere, anche solo da lontano, con la serietà della critica al parlamento contenuta in ‘Stato e Rivoluzione’; nulla che, al tempo stesso, sia pervaso da un’eguale ispirazione democratica profonda come quella che anima, da un capo all’altro, lo scritto di Lenin. Il “mandato imperativo”, la revocabilità permanente e costante dei rappresentanti da parte dei rappresentati, l’istanza di un potere legislativo che ‘non’ sia “un organismo parlamentare, ma di lavoro, esecutivo e legislativo allo stesso tempo” e nel quale, quindi, i rappresentanti “devono elaborare essi stessi , attuare essi stessi le leggi, controllarne essi stessi i risultati, risponderne direttamente di fronte ai propri elettori”: tutto ciò non è una “riforma” del parlamento (come fantastica il folklore estremistico di qualche piccola conventicola, prona alla burocrazia di partito, ma “implacabile” nella denuncia del … parlamentarismo di Lenin!), bensì è la ‘soppressione’ del parlamento, la sua sostituzione con organismi rappresentativi di tipo “consiliare” o “sovietico”: è, per riprendere le parole stesse di Lenin, “la sostituzione grandiosa di un tipo di istituzioni con istituzioni diverse in linea di principio”” (pag 902) [Lucio Colletti, ‘Potere e democrazia nella società socialista. Potere e democrazia nella società socialista’, Problemi del Socialismo, Milano, n. 21, agosto 1967]