“Per quanto concerne il concetto di «modo di produzione feudale» occorre aggiungere, alla constatazione della funzione marginale e subalterna rispetto al discorso centrale di Marx, una altrettanto ovvia considerazione sul carattere niente affatto originale e specifico della periodizzazione marxiana. In questo concetto si sovrappone infatti ad una impostazione economica generale, che è propria di Marx (la concezione delle forme di produzione – quindi dei meccanismi di appropriazione del pluslavoro – come elementi caratterizzanti di grandi fasi successive nella storia dell’umanità), una periodizzazione della storia europea che era invece corrente e tradizionale al tempo in cui Marx scriveva. (…) Nel mutuare questa caratterizzazione del Medioevo, Marx avrebbe ancora ripreso l’idea – anche questa diffusa ampiamente già agli inizi dell’ottocento – secondo cui alcuni primissimi elementi di rottura del quadro economico «feudale» si sarebbero manifestati nello sviluppo comunale urbano e nell’espansione mercantile dei secoli XIII e XIV, ad opera essenzialmente del capitale commerciale (3). Il parallelo tra feudalesimo agricolo e artigiano corporativo, quali comuni caratteristiche di un «modo di produzione feudale» globalmente definito, ricorre nei ‘Grundrisse’ e nel ‘Capitale’, ed è certo uno dei segni più evidenti della matrice settecentesca dell’impostazione di Marx. Nondimeno, è un parallelo ricorrente nella storiografia marxista recente: talora in forma accessoria e non pregnante, come quando Giorgetti, a proposito del processo di transizione nell’Italia tardomedievale e rinascimentale, parlava di «una realtà ancora sostanzialmente feudale e signorile, alla quale, d’altro canto, corrisponde la struttura corporativa e ancora precapitalistica dell’economia urbana»; talora invece in modo più qualificato, come nella nota «proposta di modello» di Kula, nella quale l’«economia artigianale corporativa» giuoca un ruolo importante e caratterizzante nel «sistema feudale». In ambito non marxista, la contrapposizione del «Medioevo grettamente artigiano» delle corporazioni, «preoccupato e soddisfatto della sufficienza per vivere» e attardato sulle «vie consuetudinarie della tradizione», all’avanguardia capitalistica dei grandi mercanti, era stato un tema ispiratore delle importanti ricerche di storia economica di Armando Sapori (4)” (pag 497-498); «Non ho molti dubbi sul fatto che l’inquadramento signorile – laico ed ecclesiastico – abbia posto con i suoi prelievi di pluslavoro un freno continuo allo sviluppo agricolo. Ma sono anche persuaso che attraverso il lungo periodo dei secoli X-XII si sia andato formando un divario ampio tra l’accumulazione agricola realizzata alla base, con il lavoro di più generazioni contadine, e il prelievo signorile. (…) Questa è una delle idee di fondo del mio breve volume sulle ‘Campagne nell’età comunale’, riassunta in quella rapida definizione di un sistema «non … fondato sull’assorbimento del lavoro contadino», che Mirri ha richiamato. In questo senso, e salvo a trarne deduzioni del tutto diverse al meccanismo di ripresa economica dei secoli X-XII, penso che valgano per i maggiori possessi fondiari e signorili dell’Italia precomunale le connotazioni attribuite in una grande pagine di Henri Pirenne: «Il grande possesso fondiario non è affatto uno sfruttamento del suolo o uno sfruttamento degli uomini. È un’istituzione sociale, non un’impresa economica»; o ancora la valutazione di Marx nella sua giusta e feconda polemica antiliberale: «La potenza del signore feudale, come quello di ogni sovrano, non poggiava sulla lunghezza del registro delle sue rendite» (13)” [Paolo Cammarosano, ‘L’economia italiana nell’età dei Comuni e il «modo feudale di produzione»: una discussione. (Orientamenti e dibattiti)’, Società e Storia, F. Angeli, Milano, n. 5, 1979] [(3) I testi di Marx più importanti sulle condizioni economiche dell’Europa medievale, sul «modo di produzione feudale» e la sua evoluzione verso il modo capitalistico sono contenuti nei ‘Grundrisse’ (cfr. l’edizione italiana: ‘Lineamenti fondamenti della critica dell’economia politica’, a.c. E. Grillo, Firenze, La Nuova Italia, vol. 2°, 1970, p. 94-148 e nel ‘Capitale’ (in particolare nei capitoli 8 § 2 e 24 del libro I e 20, 36, 47 del libro III; (4) G. Giorgetti, ‘La rendita fondiaria capitalistica in Marx e i problemi della evoluzione agraria italiana’ (172), ora in Id. ‘Capitalismo e agricoltura in Italia’, Roma, Editori Riuniti, 1977, p. 3-48, a p. 31. W. Kula, ‘Teoria economica del sistema feudale. Proposta di un modello’ (1962), ed. it. Torino, Einaudi, 1970, in particolare cap. III § 4 (p. 84-93), e pià genericamente p. IX e 22. A. Sapori, ‘Prefazione alla 1° edizione degli ‘Studi di storia economica’ (1940), poi ristampata Nella 3a ediz. accresciuta, vol. 1°, Firenze, Sansoni, 1955, p. IX-XXXI, in particolare p. XV sgg.; (13) H. Pirenne, ‘Storia d’Europa dalla invasioni al XVI secolo’, trad. it. di M.L. Paradisi, Firenze, Sansoni, 1956, p. 62. La celebre polemica marxiana («È troppo comodo essere “liberali” a spese del Medioevo») apre il par. 2 del ‘Capitale’, I. 24]
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- Articolo pubblicato:4 Luglio 2024