“Fin qui, l’alienazione appare in Marx come il processo per cui, come è detto nell’ ‘Ideologia tedesca’, l’attività sociale diventa un potere materiale esterno (sachliche, äussere Gewalt), separato dai soggetti reali, gli individui. Ma, come rivela Bedeschi, da una lettura attenta dei ‘Manoscritti’ appare chiaro che Marx considera alienata qualsiasi attività produttiva condizionata dal bisogno, cioè ‘qualsiasi produzione di oggetti utili o necessari. Sino a oggi, dice Marx la storia dell’industria è stata intesa «non nella sua connessione con l’ ‘essere’ dell’uomo, ma sempre soltanto in una relazione esteriore d’utilità». Nell’industria ordinaria, materiale, continua Marx, noi «abbiamo dinanzi a noi, oggettivate, le forze essenziali dell’uomo sotto forma di oggetti sensibili, estranei, utili ‘sotto forma dell’estraneazione». Infatti, conclude Marx, ogni attività umana è stata sinora lavoro e industria «cioè attività resa estranea a sé stessa» (6). Finché l’industria è soltanto questo, osserva acutamente Bedeschi, è difficile cogliere la sua connessione con l”essere’ dell’uomo, e si tende piuttosto a vederla solo e soltanto attraverso la «meschina» categoria dell’utilità. La produzione di cose utili non è caratteristica solo dell’uomo, ma anche dell’animale, e, in quanto produzione imposta dalla necessità, è la diretta antitesi del lavoro umano (7). Certamente – dice Marx in un famoso passo dei ‘Manoscritti’ – anche l’animale produce: produce nidi, abitazioni, come fanno le api, i castori, le formiche, ecc. Ma l’animale produce unicamente ciò che gli occorre nell’immediato per sé o per i suoi figli; produce in modo unilaterale, mentre l’uomo produce in modo universale; «produce solo sotto l’imperio del bisogno fisico immediato, mentre l’uomo produce anche libero dal bisogno fisico, ‘e produce veramente soltanto quando è libero da esso». L’animale – continua Marx – riproduce solo sé stesso, mentre l’uomo riproduce l’intera natura; il prodotto dell’animale appartiene immediatamente al suo corpo fisico, mentre l’uomo ‘si pone liberamente di fronte al suo prodotto’. L’animale costruisce soltanto secondo la natura e il bisogno della sua specie, mentre l’uomo sa produrre secondo la misura di ogni specie e sa ovunque predisporre la misura inerente a quel determinato oggetto: quindi l’uomo costruisce anche secondo le leggi della bellezza (8). Si capisce – osserva Bedeschi – come, sulla base di questi presupposti, la divisione del lavoro debba apparire come la più completa negazione del carattere «totale» e «universale» dell’attività umana, e quindi come qualcosa che dev’essere negato e soppresso (9)” (pag 129) [Luciano Albanese, ‘ L’alienazione in Hegel e in Marx’, Mondo Operaio, n. 7-8, luglio-agosto 1981] [(6) K. Marx F. Engels ,’L’ideologia tedesca’, p. 33; K. Marx, ‘Manoscritti economico filosofici del 1844’, cit., p. 120, ultimo corsivo nostro ‘ ‘. Cfr. G. Bedeschi, Introduzione a Marx, cit., p. 189. Questo aspetto più generale del processo di alienazione era già stato messo in luce da C. Napoleoni, ‘Smith, Ricardo, Marx’, Torino, 1970, pp, 148-49 e 166; (7) Bedeschi, ivi; (8) K. Marx, op. cit., pp. 78-79, corsivi nostri; (9) G. Bedeschi, op. cit., p. 190]