“A quanto pare il primo che tentò di difendere le leggi della storia da questa intrusione fu Montesquieu. «Se una causa particolare, come l’esito accidentale di una battaglia, ha condotto uno Stato alla rovina – egli scrisse nella sua opera sulla grandezza e la decadenza dei romani – esisteva una causa di carattere generale che provocò la caduta di quello Stato per colpa di un’unica battaglia». Anche i marxisti si trovarono in difficoltà di fronte a questo problema. Marx se ne occupò una volta sola, e per di più in una lettera: «La storia universale avrebbe un carattere davvero mistico se essa escludesse il caso. Naturalmente anche il caso diventa a sua volta parte del generale processo di sviluppo ed è compensato da altre forme di causalità. Ma l’accelerazione e il ritardo dipendono da questi “accidenti”, che includono il carattere “casuale” degli individui che sono alla testa di un movimento nella sua fase inziale» (1). In tal modo Marx difendeva l’importanza del caso nella storia da tre punti di vista. In primo luogo, esso non avrebbe molta importanza: potrebbe «accelerare» o «ritardare» ma, è sottinteso, non modificare radicalmente il corso degli eventi. In secondo luogo, un accidente sarebbe compensato da un altro, cosicché in ultima analisi l’accidentalità stessa si dissolverebbe. In terzo luogo, l’esempio tipico di casualità sarebbe rappresentato dal carattere degli individui (2). Trockij rafforzò la teoria della compensazione e della reciproca neutralizzazione degli accidenti torici mediante un’ingegnosa analogia: «L’intero processo storico consiste in una rifrazione delle leggi storiche attraverso l’elemento accidentale. Per esprimersi come i biologi: le leggi della storia si realizzano mediante la selezione naturale degli accidenti» (3)” (pag 110-111) [Edward H. Carr, ‘Sei lezioni sulla storia’, Einaudi, Torino, 1966] [(1) K. Marx F. Engels, Opere (ed. russa), XXVI, 108; (2) Tolstoj nel primo epilogo di ‘Guerra e pace’ affermò che tanto il «caso» che il «genio» sono termini che esprimono l’incapacità degli uomini di attingere le cause ultime; (3) L. Trockij, ‘La mia vita’ (trad. ingl., 1930, p. 422]