“Rispondendo a un articolo di Arturo Labriola – il quale aveva sostenuto la continuità fra Marx e Lenin come continuità tra la teoria e l’azione (“se tutta la teoria del socialismo è il marxismo, tutta la realizzazione del socialismo è il leninismo”) e aveva affermato di non avere mai dubitato che “conquista del potere” da parte del proletariato volesse dire usurpazione del potere e terrore sistematico da parte di una setta…, sostituzione dei Soviet ai Parlamenti… negazione di ogni libertà e di ogni democrazia” – Mondolfo scriveva che “l’essenziale e il proprio del marxismo, che unifica ed avviva tutte le parti della dottrina, che lo contrappone a tutte le forme di utopismo, sta nel suo carattere ‘critico-pratico’; e questo suo carattere consiste nell’essere anzitutto una concezione realistica della storia, e nel trarre da questa viva coscienza storica la stessa teoria del movimento proletario” (1). Nella storia, soprattutto quando si tratti di rivoluzioni, non c’è posto per azioni e creazioni arbitrarie; anche le rivoluzioni sorgono quando sono suscitate da una intrinseca necessità, la quale, come le rende inevitabili quando siano mature, le rende impossibili quando manchi la pienezza delle loro condizioni. E Mondolfo si chiedeva: «Che c’è di tutto questo, che pure, ripeto, è l’essenza del marxismo, nella praxis leninista? Era forse giunta l’economia capitalistica in Russia al pieno sviluppo di tutte le forze produttiva che era capace di dare? Poteva quindi in Russia Lenin avviare (come scrive Arturo Labriola) risolutamente l”era socialista?'” (2). E per caratterizzare la posizione nella quale era venuto a trovarsi Lenin, Mondofo citava una bella pagina della ‘Guerra dei contadini’ di Engels: il peggio che “possa capitare al capo di un partito estremo è di venir costretto ad assumere il potere quando il movimento non è ancora maturo per il dominio della classe ch’esso rappresenta e per l’attuazione delle misure che la signoria di quella classe richiede”. È vero che Marx, ha affermato che la violenza è la più grande ostetrica della storia; ma – osservava subito Mondolfo – Marx preconizzava la rivoluzione per quel momento critico in cui i rapporti borghesi di proprietà avessero ostacolato il progressivo sviluppo delle forze produttive. E quindi egli conferiva effettivamente alla violenza rivoluzionaria l’ufficio di levatrice, ma in quanto liberasse dagli impacci un nuovo organismo già formato e vitale, “invece – scriveva Mondolfo – questi odierni pretendenti all’eredità del suo pensiero trasformano l’ostetrica in vera genitrice e procreatrice della società nuova. Per essi il periodo rivoluzionario è già iniziato, non perché sia in gestazione feconda e vicina a maturazione una formazione nuova; ma solo perché appaiono sintomi di disfacimento del regime esistente, che, quindi, appare più facile ora sconvolgere e abbattere con la forza insurrezionale. (…)” (pag 124) [(1) R. Mondolfo, Umanismo di Marx’, a cura di N. Bobbio, ed. Einaudi, Torino, 1975, p. 147; (2) Ivi, pp. 148-9] [Giuseppe Bedeschi, ‘Attualità di Mondolfo’, Mondo Operaio, n. 12, dicembre 1977] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]