“Nel 1868 viene in Spagna Fanelli, discepolo di Bakunin. Fonda delle sezioni dell’«Associazione internazionale dei Lavoratori» (e, più segretamente, dei gruppi dell’«Alleanza» bakuniana). Il successo è grandioso: il qualche mese, la «federazione», organo dell’Internazionale, supera i centomila aderenti, con due grossi centri: Catalogna e Andalusia. La Spagna diventa allora, con la Francia della Comune, un grande campo sperimentale per il movimento rivoluzionario internazionale. Da Londra Marx ed Engels, dalla Svizzera i Bakunisti, si danno una viva lotta intorno alla posta spagnola. James Guillaume ne ha lasciato testimonianza. E anche Engels, in un celebre opuscolo, critica del movimento «cantonalista» dopo il suo insuccesso: testo fondamentale di marxismo contro gli anarchici. Tuttavia, malgrado una fruttuosa missione di Lafargue, il bakunismo, alla fine, la spuntò. O almeno la scissione durò, quando, dopo le repressioni degli anni 1874-76, si ricostituirono le organizzazioni operaie. Il «Partito socialista operaio» nacque allora a Madrid e gli fece seguito, nel 1888, l’Unione Generale dei Lavoratori», federazione sindacale. (…) Infine, il segno ideologico: quando Anselmo Lorenzo, patriarca dell’anarchismo spagnolo, visita Marx a Londra nel 1870, egli reagisce da autodidatta ammirato e intimidito; piuttosto che alla scienza ‘borghese’ di Marx, preferisce allora accordare fiducia all’istinto del movimento operaio, alle dottrine sentimentali o passionali. Il Lorenzo dunque organizza, con il concorso di Francisco Ferrer, una vera opera di educazione, tanto più efficiente in quanto la scuola ufficiale abbandona all’analfabetismo un grande numero di giovani. La «Scuola moderna», gli opuscoli a buon mercato, gli «Atenei popolari» influiranno su generazioni. Questa cultura si riterrà più ampia (più «enciclopedica») della cultura marxista, ma lascerà i militanti più disarmati davanti ai problemi reali. L’anarchismo va incontro infine a vecchie consuetudini spagnole: fedeltà alle persone, esaltazione dell’atto individuale e soprattutto quel bisogno di liberazione, più passionale che intellettuale, che non ha cessato di turbare il secolo: il problema spirituale” (pag 66-67; 69] [Pierre Vilar, ‘Storia della Spagna’, Garzanti, Milano, 1955] [Pierre Vilar (Frontignan, 3 maggio 1906 – Saint-Palais, 7 agosto 2003) è stato uno storico e ispanista francese. Pierre Vilar è considerato una delle massime autorità sullo studio della storia della Spagna, sin nel periodo dell’Ancien Régime che per l’età moderna nonché per la storia economica e sociale in generale. Historien, spécialiste de l’histoire d’Espagne et de Catalogne. – Docteur ès lettres (Paris, 1962). – Directeur d’études à l’École pratique des hautes études, VIème section (à partir de 1951). – Professeur à la Sorbonne (à partir de 1965)]