“La rivoluzione non verrà così presto come ci aspettavamo. La storia lo ha dimostrato e bisogna saperlo accettare come un dato di fatto, bisogna saper tener conto del fatto che la rivoluzione socialista mondiale non può cominciare nei paesi avanzati come è cominciata in Russia, nel paese di Nicola e di Rasputin, dove a una grandissima parte della popolazione non importava assolutamente nulla di sapere quali popoli vivessero ai confini e che cosa vi accadesse. In un paese simile era facile cominciare la rivoluzione, facile come sollevare una piuma. Ma cominciare, senza preparazione la rivoluzione in un paese in cui si è sviluppato il capitalismo, che ha dato, fino all’ultimo uomo, una cultura e un metodo di organizzazione democratica è sbagliato, è assurdo. Qui noi cominciamo appena ad affrontare il periodo doloroso che contraddistingue l’inizio delle rivoluzioni socialiste. Questo è un fatto. Noi non sappiamo, nessuno sa, forse, – ciò è pienamente possibile, – se essa vincerà tra qualche settimana, o addirittura tra qualche giorno, ma non si può puntare su una simile possibilità. Bisogna essere preparati ad affrontare difficoltà eccezionali, sconfitte eccezionalmente dure, che sono inevitabili perché in Europa la rivoluzione non è ancora cominciata, anche se può cominciare domani; e quando comincerà, certo, non ci tormenteranno più i nostri dubbi, non ci saranno più problemi circa la guerra rivoluzionaria, ma ci sarà soltanto una vera e propria marcia trionfale. Ciò avverrà, inevitabilmente, ma ancora non avviene. Ecco il semplice fatto che la storia ci ha insegnato, con il quale ci ha dato un colpo assai doloroso; ma, uomo avvisato, mezzo salvato. Perciò io ritengo che, avendoci la storia colpito in questa speranza – che il tedesco non ci avrebbe attaccato e che avremmo potuto avanzare «a suon di urrà» – questa lezione penetrerà molto presto nella coscienza delle masse della Russia sovietica, grazie alle nostre organizzazioni dei soviet. Queste si danno da fare, si preparano al congresso, presentano risoluzioni, riflettono e discutono su quanto è accaduto. Da noi non avvengono più quelle dispute prerivoluzionarie che restavano all’interno di ristretti circoli di partito. Tutte le questioni vengono portate all’esame delle masse, le quali esigono che vengano controllate con l’esperienza, la pratica, e non si fanno mai sedurre dai facili discorsi, non si lasciano mai deviare dal cammino segnato dal corso obiettivo degli avvenimenti. Certo, se trovate di fronte a un intellettuale o a un bolscevico di sinistra, potrete vedere come si possano eludere le difficoltà che stanno dinanzi a noi; egli, certo , potrà eludere il fatto che non c’è esercito e che, la rivoluzione in Germania non incomincia. Le masse sono fatte di milioni di uomini, e la politica comincia laddove ci sono milioni di uomini. Non dove ce ne sono migliaia, ma dove ce ne sono milioni comincia la politica seria: i milioni sanno che cos’è l’esercito, hanno visto i soldati che tornavano dal fronte. Essi sanno – se consideriamo non le singole persone, ma la massa effettiva – che non possiamo combattere, che ogni uomo al fronte ha sopportato tutto ciò che era immaginabile. La massa ha capito questa verità: se non avete un esercito e avete i predoni alle costole, dovete firmare il trattato di pace anche più gravoso e umiliante. È inevitabile, finché non nascerà la rivoluzione, fino a quando non riuscirete a rimettere in sesto il vostro esercito, finché non lo avete rimandato a casa. Fino ad allora l’ammalato non ritroverà la salute. E noi non prenderemo il predone tedesco con un semplice «urrà», non lo abbatteremo, come abbiamo abbattuto Kerenski e Kornilov. Ecco la lezione che le masse hanno imparato, senza le riserve che alcuni, desiderosi di eludere l’amara realtà, cercavano di imporre loro” (pag 66-67) [V.I. Lenin, ‘Rapporto sulla guerra e la pace’ (1), (in) V.I. Lenin, ‘Rivoluzione in Occidente e infantilismo di sinistra’, Editori Riuniti, Roma, 1971] [(1) Tenuto il 7 marzo 1918 al VII Congresso del Partito comunista (bolscevico) della Russia, che si svolse a Pietrogrado dal 6 all’8 marzo per discutere e decidere la questione della pace. Vi parteciparono 46 delegati con voto deliberativo e 58 con voto consultivo, in rappresentanza di circa 170.000 iscritti (i membri erano 300.000, ma molte regioni erano occupate dal nemico e non potevano inviare delegati. Il Congresso approvò a schiacciante maggioranza le tesi di Lenin, respingendo le tesi, contrarie alla pace, di Trotsky e di Bucharin] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]