“«La cosiddetta evoluzione storica si fonda in generale sul fatto che l’ultima forma considera le precedenti come semplici gradini che portano a se stessa e, poiché è raramente, e solo in certe determinate condizioni, capace di criticare se stessa, (…) le concepisce sempre unilateralmente» (G. I, p. 33). Con queste parole Marx introduce nei ‘Grundrisse’ alcuni passaggi fondamentali relativi alla storicità delle categorie economiche e, in particolare, alla proprietà fondiaria e alla rendita. Contro gli economisti politici classici, che “cancellano tutte le differenze storiche e in tutte le forme di società vedono la classe borghese”, egli afferma che il capitale “deve costituire il punto di partenza così come il punto d’arrivo”: la successione delle categorie economiche, cioè, non dipende dall'”ordine in cui esse furono storicamente determinanti” ma “dalla relazione in cui esse si trovano l’una con l’altra nella moderna società borghese e che è esattamente l’inversa di quella che si presenta come loro relazione naturale”. L’esempio di questo procedere è dato dalla proprietà fondiaria (Rosdolsky 1971, pp. 59 e ss.): «in tutte le forme in cui [essa] domina (…), il rapporto con la natura è ancora predominante. In quelle, invece, dove domina il capitale, prevale l’elemento sociale, prodotto storicamente. La rendita fondiaria non può essere intesa senza il capitale, ma il capitale può ben essere inteso senza la rendita fondiaria (G. I, p. 35). Questo discorso risulta particolarmente rilevante per capire la critica marxiana a Wakefield. Non solo perché, come si è visto, la sua teoria della colonizzazione è di fondamentale importanza proprio per la comprensione esatta della proprietà fondiaria capitalistica ma anche perché, secondo Marx, Wakefield commette lo stesso errore degli economisti politici classici chiamando “capitale” i mezzi di produzione che sono “proprietà individuale di molti lavoratori indipendenti”, anche se in realtà sono proprio l’opposto. (…) Capita all’economista politico come al giurista feudale, che appiccicava le sue etichette giuridiche feudali anche a rapporti puramente monetari” (K. I, p. 956). L’analisi della teoria moderna della colonizzazione, di conseguenza, risulta centrale per comprendere come Marx intenda la storicità del capitale” (pag 89-90) [Paola Rudan, ‘La natura artificiale e la storia genetica del capitale. Marx e la moderna teoria della colonizzazione’ (in) ‘Global Marx. Storia e critica del movimento sociale nel mercato mondiale’, a cura di Matteo Battistini, Eleonora Cappuccilli Maurizio Ricciardi]