“Nell’autunno del 1843, all’età di 25 anni, Marx scrisse una recensione di due articoli sulla cosiddetta questione ebraica pubblicati da poco da Bruno Bauer, teologo ateo ed esponente della Sinistra hegeliana. Era allora in corso un acceso dibattito pubblico sull’argomento e Bauer aveva sfidato il Partito liberale prussiano, che domandava pari diritti per gli ebrei, sostenendo che finché la Prussia fosse rimasta uno Stato cristiano, gli ebrei sarebbero stati sempre cittadini di seconda classe, anche una volta cadute tutte le discriminazioni legali nei loro confronti. A sostegno della sua tesi, Bauer portava l’esempio della Francia, dove i diritti di cittadinanza non avevano migliorato la condizione degli ebrei dopo il 1790-1791, tanto che la discriminazione religiosa non era stata sradicata (7). Marx concordava su questo punto, ma si spingeva oltre. Secondo lui, la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 aveva equiparato i «diritti dell’uomo» ai diritti politici, taciuto sui diritti sociali e inaugurato un nuovo regime di proprietà da cui derivavano tutti gli altri diritti: «L’utilizzazione pratica del diritto dell’uomo alla libertà è il diritto dell’uomo alla ‘proprietà privata’», scriveva. «Nessuno dei cosiddetti diritti dell’uomo oltrepassa dunque l’uomo egoistico (…), cioè l’uomo ripiegato su se stesso, sul suo interesse privato e sul suo arbitrio privato e isolato dalla comunità» (8). Letto accanto a ‘Per la critica della filosofia del diritto di Hegel’, scritto appena un mese o due prima, ‘La questione ebraica’ costituisce una prima articolazione da parte di Marx del concetto di proprietà privata inteso come logica fondamentale della società civile moderna. A partire dalla cosiddetta questione ebraica, egli formulava una critica dello «Stato politico, uno Stato in quanto Stato», e affrontava «’il rapporto tra l’emancipazione politica e l’emancipazione umana’» (9). Persino uno Stato repubblicano del tutto laico (ovvero non-cristiano) – ragionava Marx – non potrebbe proteggere i suoi cittadini dal potere del denaro: anche se venissero eliminati i requisiti di proprietà per il diritto di voto, la proprietà privata, il grado di occupazione e di istruzione continuerebbe infatti a definire le relazioni sociali. Per contrastare queste forze, Marx chiedeva – con una formula diventata celebre – non l’emancipazione politica degli ebrei, ma «’l’emancipazione della società dal giudaismo», nel senso dell’emancipazione dell’umanità «dal ‘traffico’ e dal ‘denaro’»” (pag 217-218) [(7) In Francia, «la legge non li costringe (gli ebrei) ad alcuna effettiva violazione della loro legge religiosa, ma, qualora debbano festeggiare il loro sabato, altrettanto coscienziosamente di come i cristiani festeggiano i loro giorni festivi, li pone in una condizione sfavorevole ai cristiani per quanto attiene ai loro interessi mondani», Bruno Bauer, ‘La questione ebraica’, in Bruno Bauer e Karl Marx ,’La questione ebraica’, a cura di Massimiliano Tomba, Manifestolibri, Roma, 2004, p. 109; (8) Marx, ‘La questione ebraica’, cit., pp. 71 e 73; (9) Ivi, p. 53 (il corsivo è nell’originale); (10) Ivi, pp. 88, 81 (il corsivo è nell’originale)]