“I rapidi progressi dell’industria tedesca che hai descritto mi fanno enormemente piacere. Quello che stiamo ora attraversando è il secondo impero bonapartista in ogni suo aspetto: la Borsa mobilizza i capitali ancora del tutto o in parte inoperosi attraendoli e concentrandoli rapidamente in poche mani; i capitali resi così disponibili per l’industria provocano un’espansione industriale (che non va necessariamente identificata con un alto livello di attività degli affari) e, una volta messo in moto, questo processo continuerà ad accelerare. Solo due cose distinguono l’era di Bismarck dall’era di Bonaparte III: la seconda è fiorita grazie a un commercio relativamente libero, la prima procede nonostante una serie di dazi doganali del tutto inopportuni, specialmente in Germania. E, in secondo luogo, l’era di Bismarck crea molti disoccupati in più. Ciò avviene in parte perché da noi la crescita della popolazione è molto più forte che in Francia, dove si fanno in media due figli, in parte perché Bonaparte, con le sue operazioni edilizie a Parigi, generò una domanda artificiale di forza-lavoro, mentre nel nostro caso l’epoca dei miliardi (102) è finita presto; ma in parte devono esserci anche altri motivi che non mi sono chiari. A ogni modo, la Germania piccolo borghese inizia finalmente a diventare un paese moderno e ciò è assolutamente necessario se vogliamo avanzare rapidamente. Leggendo i giornali tedeschi borghesi e i discorsi alla Camera sembra di vivere nell’Inghilterra di Enrico VII e VIII: le stesse lamentele sul pericolo dei vagabondi, le stesse grida per la soppressione del vagabondaggio, chacot (galera) e legnate. È la miglior dimostrazione della rapidità con cui i produttori vengono separati dai loro mezzi di produzione, le piccole aziende vengono eliminate dalle macchine e dal perfezionamento degli stessi macchinari. Ma cosa potrebbe essere più ridicolo e disprezzabile di questi borghesi che con le loro prediche moraleggianti e le loro misure punitive vorrebbero eliminare dalla faccia della terra le conseguenze inevitabili delle loro stesse azioni? È davvero un peccato che tu non sia al Reichstag (150), sarebbe un tema molto adatto a te” [F. Engels ad August Bebel, a Lipsia, Londra, 7 marzo 1883] [(in) Marx Engels, ‘Opere. Volume 46. Lettere 1880-1883’, Edizioni Lotta Comunista, Milano; 2021] [(102) Dopo la guerra franco-prussiana del 1870-71, il trattato di pace di Francoforte del 10 maggio 1871 impegnava la Francia a cedere le province dell’Alsazia e della Lorena alla Germania e a pagare dal 1871 al 1873 un risarcimento di 5 miliardi di franchi; (150) Nelle elezioni per il Reichstag del 27 ottobre 1881 furono eletti i seguenti socialdemocratici: Wilhelm Blos, Johann Heinric Wilhelm Dietz, Karl Frohme, Bruno Geiser, Karl Grillenberger, Wilhelm Hasenclever, Max Kayser, Julius Kräcker, Wilhelm Liebknecht, Moritz Rittinghausen, Karl William Stolle e Georg Heinrich von Vollmar. August Bebel non riuscì a ottenere la maggioranza assoluta alla prima elezione nelle circoscrizioni elettorali di Dresda, Lipsia e Berlino IV, e nei ballottaggi di Dresda e di Berlino IV gli fu impedito di vincere: nel primo caso con l’intimidazione degli elettori, nel secondo per mezzo di brogli. Avendo Liebknecht rinunciato a uno dei suoi due mandati, Bebel si candidò all’elezione suppletiva di Magonza. Qui riportò al primo turno più suffragi di quelli già ottenuti da Liebknecht, ma al ballottaggio fu sconfitto per pochi voti dal suo avversario. L’attività parlamentare di Bebel tuttavia non si interruppe, perché egli mantenne la carica di deputato socialdemocratico al Landtag sassone. Il 29 giugno 1883, vincendo in un’elezione suppletiva ad Amburgo, Bebel poté rientrare al Reichstag]