“In questo quadro culturale e politico, a partire dal 1899 viene avviata la pubblicazione delle ‘Opere’ di Marx e di Engels. Fin dal 1897 Ettore Ciccotti (docente universitario, studioso del mondo antico e ottimo conoscitore del tedesco, deputato del Psi per alcune legislature, interventista nel 1915 e dal 1924 «senatore del regno») aveva predisposto un piano di traduzioni e di edizione delle opere di Marx ed Engels, alle quali – sulla scia di quanto avveniva nella socialdemocrazia tedesca, affiancava Lassalle (nell’edizione italiana venne pure edita la ‘Storia della socialdemocrazia tedesca’ di Mehring): ed era questo, naturalmente, un indice dello sconcerto generalmente dominante. Luigi Mongini, che nel Psi si occupava di amministrazione dei giornali e dei problemi tecnico-pubblicistici, diventa editore in prima persona, e a partire dal 1899 e fino al 1911 (Mongini muore però nel 1909), sotto la direzione di Ciccotti, sono pubblicati a dispense – poi raccolte in sette grossi tomi – buona parte degli scritti conosciuti di Marx e di Engels (e, insieme, appunto di Lassalle) presso la società editoriale, appositamente costituita a Roma, che assume la denominazione «Luigi Mongini Editore». Sono esclusi inizialmente soltanto il ‘Manifesto’ e il ‘Capitale’, che avevano ottenuto edizioni autonome. A partire dal 1914 i volumi in questione sono riproposti in vendita al pubblico, verosimilmente nella vecchia edizione Mongini, sotto il frontespizio della Società editrice «Avanti!» con sede a Milano, e a essi si aggiunge il ‘Manifesto’ nella versione Bettini) e il ‘Capitale’, nel 1915, nella nuova e scomposta traduzione di Ettore Marchioli, che forma da solo il volume VII delle ‘Opere’ (così queste diventano otto in tutto). (…) Sotto la direzione di Ciccotti, sono numerosi gli intellettuali che partecipano all’opera di traduzione, e molti fra loro sono giornalisti dell”Avant!’: così Vittorio Piva e Gustavo Sacerdote, che sono corrispondenti – in periodi diversi – dalla Germania. Sono da menzionare inoltre Angelica Balabanoff, Eugenio Zaniboni e Leone, e allo stesso Ciccotti, autore, insieme a Sacerdote, delle versioni filologicamente meno imperfette. In realtà, l’edizione Mongini-Ciccotti non è affatto sistematica; anzi, è del tutto disordinata e acritica e solo alcune traduzioni (quelle di Ciccotti in particolare) sembrano poter sopravvivere all’usura del tempo. Il suo merito precipuo è d’aver rappresentato, nonostante gli appunti che spesso ci furono e nonostante gli stessi progressi del dibattito marxista, l’unica ampia e «politica» proposta in tema di edizioni di Marx avanzata ufficialmente dalla sinistra fino agli anni venti: il che equivale a dire che fino al secondo dopoguerra rappresentano l’unico vero e sostanziale approccio della cultura italiana a Marx. Perché, a parte le «incursioni» di Croce, a parte un qualche minimo impegno divulgativo di Gentile (anch’egli traduce qualche brano staccato di Marx e introduce in Italia le ‘Tesi a Feuerbach’, ma solo nel 1899), a parte Roberto Mondolfo, mentre i contributi di discussione sono notoriamente serrati (e anche eccessivamente sottovalutati da Croce nel saggio del 1938), minimo è l’apporto a una conoscenza originale di Marx” (pag 209-210) [Gian Mario Bravo, La divulgazione degli scritti di Marx e di Engels in Italia] [(in) ‘Critica marxista’, n. 2-3, marzo-giugno, 1983]