“Il libro di Rosselli (‘Socialismo liberale’, ndr) è rivolto filosoficamente, come è note, contro uno dei suoi maestri e a sua volta maestro di marxismo in Italia: Rodolfo Mondolfo. Non importa, ora, giudicare le ragioni della polemica antimarxistica di Rosselli, ma è certo che l’attacco al socialismo tradizionale, che era stato sconfitto dal fascismo, scaturiva da una radicata convinzione che l’errore di fondo di tutto il movimento socialista fosse stato l’aver elevato il pensiero di Marx a ispiratore della propria concezione del mondo. Nell’articolo che Rosselli invia a «Critica sociale» nel novembre del 1923, all’inizio del suo itinerario politico di studioso, intitolato non a caso ‘Bilancio marxista: la crisi intellettuale del partito socialista’, sostiene che la «paralisi» intellettuale del partito che dura da quindici anni deriva dall’abbraccio mortale del socialismo col marxismo. «La dottrina marxista a forza di venir corretta, annacquata, adulterata o, più semplicemente, interpretata finì per trasformarsi in qualcosa di così vago ed incerto da poter servire ad ogni frazione, dalla più barricadiera alla più riformista». È venuta l’ora, aggiungeva, di fare un bilancio del marxismo. Questo bilancio rivela che i riformisti non hanno niente a che vedere con Marx. Quale conclusione allora? La conclusione è un po’ la frase chiave di tutto il discorso: «Meglio, mille volte meglio, un sano empirismo all’inglese piuttosto che questo cieco e tortuoso dogmatismo». Teniamo presente che, quando Rosselli scriveva queste parole, il marxismo si era venuto identificando con il collettivismo sovietico. Lo stesso può dirsi per Guido Calogero. Come è stato più volte osservato, Marx e marxismo erano stati completamente cancellati dalla cultura italiana durante il fascismo. Chi vi parla ha frequentato il liceo e l’università in quegli anni e vi può assicurare che di Marx non si era mai potuto parlare e le opere di Marx non erano state ripubblicate e non si potevano neppure andare a cercare in biblioteca. I giovani della mia generazione si gettarono sull’unica opera che aveva ripreso a parlare di Marx, che era l’edizione che nel 1938 Benedetto Croce aveva fatto del famoso saggio di Antonio Labriola ‘La concezione materialistica della storia’, in appendice del quale volume era stato pubblicato il ‘Manifesto del partito comunista’ di Marx ed Engels. Questa pubblicazione suscitò interesse e dibattito seppure in piccole cerchie e in questa occasione nacque l’unico libro sul pensiero di Marx, e in particolare sull’economia di Marx, di quegli anni, libro che raccolse le lezioni tenute all’Università di Pisa da Guido Calogero, intitolate ‘La critica dell’economia e il marxismo’ che uscì nel 1944” (pag 160-161) [Norberto Bobbio, ‘Socialismo liberale’, Il Ponte, Vallecchi editore, Firenze, n. 5, settembre-ottobre 1989]
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- Articolo pubblicato:17 Gennaio 2021