“Ecco la definizione di Karl Marx: “Il mezzo di lavoro è una cosa o un complesso di cose che il lavoratore inserisce fra sé e l’oggetto del lavoro, e che gli servono da ‘conduttore’ della propria attività su quell’oggetto. L’operaio utilizza le proprietà meccaniche, fisiche, chimiche delle cose, per farle operare come mezzi per esercitare il suo potere su altre cose, ‘conformemente al suo scopo. Immediatamente’ – astrazion fatta dall’afferrare mezzi di sussistenza già bell’e pronti, p. es. frutta, nel che gli servono come mezzi di lavoro i soli organi del suo corpo – il lavoratore non s’impadronisce dell’oggetto del lavoro, ma del mezzo di lavoro. Così lo stesso elemento naturale diventa ‘organo’ della sua attività: un organo che egli aggiunge agli organi del proprio corpo, prolungando la propria statura naturale, nonostante la Bibbia… L’uso e la creazione dei mezzi di lavoro, benché già proprii, in germe, di certe specie animali, contraddistinguono il ‘processo lavorativo specificamente umano’; per questo il Franklin definisce l’uomo “a toolmaking animal”, un animale che fabbrica strumenti…”. (…) Già Tommaso d’Aquino osservò questa peculiare importanza della mano, di questo “organum organorum”, e la espresse nella sua definizione dell’uomo: “Habet homo rationem et manum!” (L’uomo ha la ragione e la mano).  In realtà le mani hanno generato la ragione umana, hanno prodotto la coscienza umana”. [Ernst Fischer, L’arte è necessaria?, 1962]