“Engels sarebbe dunque il primo scrittore socialista ad avere usato l’espressione rivoluzione industriale e, per quel che ne sappiamo, il primo non francese. Forse l’ha presa a prestito da Buret, del quale probabilmente conosceva l’opera, di qualche anno anteriore; o forse l’espressione era corrente in Inghilterra, dove allora viveva Engels; non è ben certo. Quello che si può notare, e con una certa sorpresa, è che l’espressione non ottiene subito successo tra i socialisti e che non se ne trova traccia nel ‘Manifesto del partito comunista’, opera a quattro mani di Marx ed Engels, del 1848, dove viene usato il termine rivoluzione: “… Anche la manifattura non bastava più. Ed ecco il vapore e le macchine rivoluzionare la produzione industriale. Alla manifattura subentrò la grande industria moderna; al medio ceto industriale succedettero gli industriali milionari…” (13). L’espressione più frequente è “grande industria”, che si applica più ai risultati che alla trasformazione industriale stessa. Ma vent’anni dopo, nel ‘Capitale’, l’espressione rivoluzione industriale diventa corrente, come se il termine fosse entrato nel vocabolario abituale. Difatti, a proposito delle trasformazioni tecniche, Marx scrive: “Quando J. Wyatt, nel 1735, annunciò la sua macchina per filare, e con essa la rivoluzione industriale, del secolo XVIII, non accennò neppure con una parola che la macchina non fosse mossa da un uomo ma da un asino; tuttavia questa parte toccò all’asino” (14). Nello stesso capitolo, dedicato alla grande industria, l’espressione torna più volte: “Nella manifattura la rivoluzione del modo di produzione prende come punto di partenza la ‘forza-lavoro’; nella grande industria, il ‘mezzo di lavoro'” (15). Marx si interessa soprattutto alle cause che hanno prodotto la rivoluzione industriale, e attribuisce alla macchina un ruolo decisivo, perché nell’interpretazione marxiana manifattura e grande industria corrispondono a due fasi diverse del processo economico, consistendo il mutamento appunto nella sostituzione del lavoro meccanico al lavoro manuale: “La macchina dalla quale prende le mosse la rivoluzione industriale, sostituisce l’operaio che maneggia un singolo strumento con un meccanismo che opera in un sol tratto con una ‘massa’ degli stessi strumenti o di strumenti analoghi, e che viene mosso da una forza motrice unica, qualsiasi possa esserne la forma. Ecco la ‘macchina’, ma pel momento solo come elemento semplice della produzione di tipo meccanico” (16). Questa idea ritorna spesso: “È la macchina utensile che inaugura nel XVIII secolo la rivoluzione industriale; essa serve ancora di punto di partenza ogni qualvolta si tratta di trasformare il telaio o la manifattura in un’operazione meccanica”. Una volta adottata, l’espressione viene ripresa, specie nel capitolo intitolato ‘Il macchinismo e la grande industria’, nella prima parte del ‘Capitale’. Sarebbe noioso e soprattutto poco interessante seguire il cammino dell’espressione nelle altre opere di Marx, poiché ormai è di uso corrente. Bisogna però ricordare un testo di Engels, appendice alla terza parte del ‘Capitale’, che estende il concetto di rivoluzione industriale ad altri campi dell’economia: “Il mezzo principale per la riduzione del tempo di circolazione sta nel perfezionamento delle comunicazioni. In tale campo gli ultimi cinquant’anni hanno portato una rivoluzione paragonabile soltanto con la rivoluzione industriale della seconda metà del secolo passato” (17). Si può quindi parlare di una rivoluzione dei trasporti, di una rivoluzione agricola, e immaginare ogni tipo di variazione sul tema, intorno alla “rivoluzione economica”, che è uno degli argomenti centrali di Marx, in ‘Strumenti per l’economia’” (pag 14-15) [Claude Fohlen, Che cos’è la rivoluzione industriale’, Feltrinelli, Milano, 1970] [(13) Marx Engels, ‘Il manifesto del partito comunista’ (1848), Editori Riuniti, Roma; 1968, p. 57; (14) Karl Marx; ‘Il capitale’ (1867), I, 2, Editori Riuniti, VIII edizione, 1974, p. 414; (15) (16) (17) Karl Marx, Ibid, p. 413, 418, e aggiunta di Engels, III, I, p. 102]