“Cominciamo coll’esaminare l’idea del ritardo tedesco. È un’idea che mal si accorda – nell’ambito di una ragione rivelata dalla storicità – con quella del privilegio nell’intelligenza del reale di cui godrebbe la filosofia tedesca. Marx, come Hegel, tuona contro Savigny e la scuola storica del diritto, colpevole secondo cui di legittimare la tradizione e lo ‘status quo’ (5). La Germania che ha davanti agli occhi, fra l’altro, non è più la Prussia illuminata del 1818-1820, ma la Prussia reazionaria degli anni 1830-1840. È un paese che teme la rivoluzione senza averla fatta, oggetto della storia senza aver mai potuto esserne, come la Francia, soggetto: «Abbiamo subito le restaurazioni, in primo luogo perché i nostri signori avevano paura e un’altra perché i nostri signori non avevano paura. Noi, coi nostri pastori alla testa, ci trovammo sempre una sola volta in compagnia della libertà, nel giorno della sua sepoltura». Se esiste una pedagogia della storia tedesca, è proprio la sua arretratezza che il filosofo deve rendere a tutti manifesta. L’Antico regime, che in Francia ha conosciuto la sua tragedia, «recita ora la sua commedia con la maschera del fantasma tedesco»: prima apparizione in Marx dell’idea che la storia reciti varie volte il grande spettacolo del suo corso, una volta in modo tragico, ed è in Francia, quindi in modo comico, ed è in Germania. Il tragico segna l’avvento di una nuova epoca, il comico, la sopravvivenza di un’ultima fase dell’antica, «affinché l’umanità si separi ‘serenamente’ dal suo passato»” (pag 14-15) [François Furet, ‘Marx e la Rivoluzione francese. Con una antologia di testi di Marx a cura di Lucien Calvié’, Rizzoli, Milano, 1989] [(5) Si veda, in particolare, l’articolo della “Rheinische Zeitung” del 9 agosto 1842, ‘Il manifesto filosofico della scuola storica del diritto’, ‘Opere’ t. I, a cura di Mario Cingoli e Nicolao Merker, pp. 206-215, testo n. 1, p. 153]