“Mehring racconta nelle note di cui corredò la sua edizione degli articoli di Marx pubblicati nel 1848 nella «Nuova Gazzetta Renana», che le pubblicazioni borghesi facevano tra l’altro la seguente accusa a questo giornale: la «Nuova gazzetta renana» avrebbe rivendicato «l’istituzione immediata della dittatura come unico mezzo per realizzare la democrazia» (Marx, “Nachlass”, volume III, p. 53). Dal punto di vista volgare borghese la nozione di dittatura e la nozione di democrazia si escludono l’un l’altra. Non comprendendo la teoria della lotta di classe, assuefatto a vedere sulla scena della lotta politica le meschine baruffe dei diversi gruppi e ‘coteries’ della borghesia, il borghese per dittatura intende l’abolizione di tutte le libertà e di tutte le garanzie della democrazia, l’arbitrio generalizzato, l’abuso generalizzato del potere negli interessi personali del dittatore. In fondo, è proprio questa concezione borghese volgare che trapela dal nostro Martynov, allorché, per terminare la sua «nuova campagna» nella nuova «Iskra», egli spiega la predilezione del «Vperiod» e del «Proletari» per la parola d’ordine della dittatura col fatto che Lenin «desidera ardentemente tentare la sua sorte» («Iskra», n. 163, p. 3, colonna 2). Per spiegare a Martynov la differenza che esiste tra la nozione di dittatura di una classe e quella di dittatura di un individuo, tra i compiti della dittatura democratica e quelli della dittatura socialista, non sarà inutile soffermarci sulle concezioni della «Nuova gazzetta renana». «Ogni organizzazione provvisoria dello Stato – scrive la «Nuova gazzetta renana» il 14 settembre 1848 – dopo la rivoluzione esige la dittatura, e una dittatura energica. Non abbiamo sin dall’inizio rimproverato a Camphausen [presidente del Consiglio dei ministri dopo il 18 marzo 1848] di non agire in modo dittatoriale, di non spezzare ed estirpare immediatamente i resti delle vecchie istituzioni. E mentre il signor Camphausen si cullava nelle illusioni costituzionali, il partito vinto [ossia il partito della reazione» rafforzava le sue posizioni nella burocrazia e nell’esercizio e, qua e là, si arrischiava persino a riprendere di nuovo apertamente la lotta». In queste parole, – come disse giustamente Mehring – è riassunto in poche tesi ciò che è stato sviluppato con ricchezza di particolari dalla «Nuova gazzetta renana», in lunghi articoli sul ministero Camphausen. Che cosa ci dicono queste parole di Marx? Che il governo rivoluzionario provvisorio ‘deve’ agire dittatorialmente (tesi che, nel sacro orrore per parola d’ordine di dittatura, l’«Iskra» non ha mai potuto comprendere), che il compito di questa dittatura è di distruggere i resti delle vecchie istituzioni (appunto ciò che è indicato con tanta chiarezza nella risoluzione del III Congresso del POSDR sulla lotta contro la controrivoluzione e che è omesso nella risoluzione della conferenza, come abbiamo dimostrato più sopra). Infine e in terzo luogo da queste parole risulta che Marx sferza i democratici borghesi per le loro «illusioni costituzionali» nell’epoca della rivoluzione e della guerra civile aperta. Il vero senso di queste parole risulta con maggior rilievo dall’articolo della «Nuova gazzetta renana» del 6 giugno 1848. «L’Assemblea costituente popolare – scriveva Marx – deve essere innanzi tutto un’assemblea attiva, rivoluzionariamente attiva. E l’Assemblea di Francoforte si occupa di esercizi scolastici di parlamentarismo e lascia al governo la cura di agire. Ammettiamo che questo dotto concilio riesca, dopo una matura riflessione, ad elaborare il migliore ordine del giorno e la migliore conclusione. A che varrà il migliore ordine del giorno e la migliore costituzione se nel frattempo i governi tedeschi avranno già messo all’ordine del giorno la baionetta?». Ecco il senso della parola d’ordine: dittatura. Si può vedere da ciò quale sarebbe stato l’atteggiamento di Marx verso le risoluzioni che chiamano vittoria decisiva «la decisione di organizzare l’Assemblea costituente», o invitano «a rimanere il partito di estrema opposizione rivoluzionaria»! I grandi problemi della vita dei popoli vengono risolti esclusivamente con la forza. Le classi più reazionarie sono abitualmente le prime a far ricorso alla forza, alla guerra civile, a «mettere all’ordine del giorno la baionetta», come ha fatto e continua a fare sistematicamente, inflessibilmente, sempre e dappertutto l’autocrazia russa sin dal 9 gennaio. E dal momento che una tale situazione si è creata, da momento che la baionetta figura realmente in testa all’ordine del giorno politico e che l’insurrezione si è dimostrata necessaria e urgente, le illusioni costituzionali e gli esercizi scolastici di parlamentarismo non servono più che a nascondere il tradimento della borghesia verso la rivoluzione, a nascondere il modo con cui la borghesia «si allontana» dalla rivoluzione. La classe effettivamente rivoluzionaria deve allora enunciare precisamente la parola d’ordine della dittatura” (pag 127-129) [V.I. Lenin, ‘Due tattiche della socialdemocrazia nella rivoluzione democratica’, Edizioni in Lingue Estere, Mosca, 1949] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]