“Infine, il tema dell’insurrezione necessaria si basa su un imperativo politico: l’obbligo di spezzare la borghesia che sicuramente non accetterà di perdere i suoi privilegi senza combattere. “Le classi più reazionarie sono abitualmente le prime a ricorrere alla forza, alla guerra civile, a “mettere all’ordine del giorno la baionetta”, come hanno fatto e continuano a fare sistematicamente (…). E dal momento che si è creata una tal situazione, dal momento che la baionetta figura realmente in testa all’ordine del giorno politico e che l’insurrezione si è dimostrata necessaria e urgente, le illusioni costituzionali e gli esercizi scolastici di parlamentarismo non servono più che a nascondere il tradimento della rivoluzione da parte della borghesia (…)” (20). L’insurrezione, quindi, è imposta al proletariato dai suoi falsi alleati e dai suoi nemici, ad un tempo come tema teorico e come azione politica, più che essere deliberatamente scelta da esso. E’ necessario anche ‘precisare’ qual è, secondo Lenin, la nozione di insurrezione. In effetti non si tratta assolutamente della rivolta di una minoranza che con la sola forza fisica impone il suo potere. E’ una frattura della legalità; certamente, ma che sanziona la condanna ‘da parte della maggioranza’ di un potere svilito e che ha perso ogni base: “Per diventare il potere, gli operai coscienti devono conquistare la maggioranza: ‘fino a quando’ non ci sarà violenza contro le masse, non c’è altro modo di giungere al potere. Noi non siamo dei blanquisti, non vogliamo la conquista del potere da parte di una minoranza. Siamo dei marxisti e sosteniamo la lotta di classe proletaria (…)” (21). “Se il partito rivoluzionario non ha la maggioranza nei reparti avanzati delle classi rivoluzionarie e nel paese, non si può parlare di insurrezione. L’insurrezione esige inoltre: 1) lo sviluppo della rivoluzione su scala nazionale; 2) il completo fallimento morale e politico del vecchio governo (…); 3) grandi oscillazioni tra gli elementi intermedi, cioè tra coloro che ‘non’ sono completamente con il governo, quantunque, alla vigilia, ‘lo’ sostenessero ancora senza riserva” (22). L’insurrezione, quindi, è come il gesto di chi stacca da un ramo un frutto marcio. Tecnicamente è un gesto di violenza. Ma, fondandosi su una adesione maggioritaria, questa “violenza” non ha nulla di arbitrario, e richiede soltanto un minimo di costrizione fisica. Definita così nella sua esatta portata la nozione di insurrezione, resta da ‘completare’ il pensiero di Lenin, che, al pari di Marx, ha sempre ammesso la possibilità teorica del passaggio pacifico al socialismo: “La classe operaia preferirebbe, certo, prendere il potere nelle proprie mani ‘in modo pacifico’ (…) ma ‘rinunciare’ alla conquista rivoluzionaria del potere costituirebbe per il proletariato, sia dal punto di vista teorico che dal punto di vista politico-pratico, una ‘follia’, ed altro non significherebbe che una vergognosa concessione alla borghesia ed a tutte le classi abbienti. E’ molto probabile – anzi è la cosa più probabile – che la borghesia non farà delle concessioni pacifiche al proletariato, ma ricorrerà, nel momento decisivo, alla difesa di propri privilegi con la violenza. In tal caso alla classe operaia non rimarrà, per la realizzazione del suo fine, altra via che la rivoluzione. Ecco perché il programma del “socialismo operaio” parla in generale di conquista del potere politico, ‘senza precisare’ il modo di questa conquista, dato che la scelta di questo modo dipende dal futuro, che noi non possiamo determinare con precisione. Ma limitare l’azione del proletariato in ogni caso alla sola “democratizzazione” pacifica significa, ripetiamo, rendere del tutto arbitrariamente angusto e banale il concetto di socialismo operaio” (23). E Lenin aggiunge d’altronde con una frase celebre che la violenza “non deve diventare un mestiere””] [Francine Demichel, ‘La concezione della rivoluzione socialista in Lenin’ (in) ‘Annali Feltrinelli anno 1973, 1974] [(20) Lenin, Due tattiche…, cit., pp. 118-19; (21) Lenin, Sul dualismo del potere, cit., p. 31; (22) Lenin, I bolscevichi conserveranno il potere? (1917), in ‘Opere’, cit., vol 26, pp. 118-19; (23) Lenin, Una tendenza retrograda nella socialdemocrazia russa (1899), in ‘Opere’, cit., vol 4, pp. 278-79] [V.I. Lenin – Materiali Bibliografici] [LBM*]
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- Articolo pubblicato:29 Ottobre 2014