“Marx chiamò col nome di “Capitale” la critica dell’economia borghese. La sostanza della scienza di Marx sta nella scoperta delle leggi specifiche di funzionamento e di sviluppo – di vita e di morte – dell’economia capitalistica, dell’economia cioè il cui fattore decisivo è l’accumulazione del capitale, accumulazione di profitto originante dall’appropriazione del plusprodotto. (…) Per qual ragione Marx non si occupò del problema del valore d’uso, della domanda? È chiaro. «Costituisce una astrazione sbagliata – dice Marx – esaminare una nazione il cui modo di produzione si basa sul valore ed è organizzato in modo capitalistico, come una entità collettiva che lavora unicamente in vista dei bisogni sociali» (1). Così scrive Marx criticando Storch, il quale sosteneva che «i prodotti che costituiscono il reddito nazionale, debbono, nell’economia politica, essere esaminati da un duplice aspetto; nel loro rapporto col produttore in quanto valore, e nel loro rapporto col reddito nazionale in quanto beni, poiché il reddito nazionale, non è, come avviene per il reddito del produttore, valutato secondo il suo “valore”, ma secondo l’utilità oppure i bisogni»” (pag 694-695) [Edward Lipinski, ‘Marxismo ed economia borghese’, (in) ‘Passato e presente, Roma, n. 6, novembre-dicembre 1958] [(1) K. Marx, ‘Il Capitale’, vol. III, tomo III, p. 266 (tr. it., Ed. Rinascita)]