“E la perentoria conclusione della ricerca contenuta nella prima parte dell”Ideologia tedesca’ è analoga a quella che conclude i ‘Manoscritti del 1844’: i proletari «per affermarsi personalmente [ovvero, come persone] devono abolire la propria condizione di esistenza quale è stata fino ad oggi, che in pari tempo è la condizione di esistenza di tutta la società fino ad oggi, il lavoro» (4). Abolire il lavoro, cioè l’attività umana come è stata finora. Importante soprattutto rilevare che il prodursi dell’attività umana come lavoro (alienato) è un risultato storico, dovuto alla divisione originaria del lavoro. Che poi l’indagine storica, o preistorica, non abbia in Marx eccessivi sviluppi, ed eviti così le astrazioni naturalistiche e giusnaturalistiche, è del tutto coerente: gli accenni di Marx restano qui piuttosto indeterminati, limitandosi ad annotare che si sviluppa «così» la divisione del lavoro, che in origine era niente altro che la divisione nell’atto sessuale, e poi la divisione del lavoro che si produce spontaneamente o naturalmente in virtù della disposizione naturale (per esempio la forza fisica), del bisogno, del caso. Ora, proprio nel momento in cui l’attività vitale umana, dell’uomo come «ente generico», o del genere umano nel suo insieme, si presenta divisa e dominata dalla spontaneità, dalla naturalità e dalla casualità, ogni uomo, sussunto sotto la divisione del lavoro, appare unilaterale e incompleto. Questa divisione diventa reale quando si presenta come divisione tra il lavoro manuale e il lavoro mentale, perché allora «si dà la possibilità, anzi la realtà, che l’attività spirituale e l’attività materiale, il godimento e il lavoro, la produzione e il consumo tocchino a individui diversi». Il problema è quindi, per Marx, di «tornare ad abolire la divisione del lavoro» (dove va osservata non soltanto l’identità di questa espressione con quelle che abbiamo già letto sulla abolizione del lavoro, ma anche l’idea di un ritorno a un più alto livello, a una condizione di attività umana indivisa) (5). Questo è dunque il senso negativo del concetto di lavoro in Marx; e abbiamo già accennato come nella sua ricerca esso si venga via via determinando sempre più precisamente come lavoro salariato produttore di capitale (e seguirlo su questo punto vorrebbe dire ripercorrere tutta la sua ricerca, che non è il fine di queste note). Onde la soppressione del lavoro salariato, cioè della forma esistente del lavoro, o, in altri termini, soppressione di quella particolare figura sociale, prodotto della storia umana, che è il lavoratore salariato; che è poi quanto Marx diceva sin dai suoi primi incontri con questi problemi, e ripeteva poi nel ‘Manifesto’, ammonendo che nella rivoluzione sociale i proletari non hanno nulla da perdere, se non le loro catene (6). In questo senso Marx aveva ragione di constatare già nei ‘Manoscritti del 1844’, che l’aver convertito, come lui aveva fatto, «la questione dell’origine della ‘proprietà privata’ in quella del rapporto del ‘lavoro espropriato’ col processo di sviluppo [storico] dell’umanità» era stata un passo determinante per la soluzione del problema dell’alienazione del lavoro (7)” [(4) ‘L’ideologi tedesca, cit., pp 47, 29, 65, 51, 76; (5) ‘L’ideologia tedesca’, pp. 28, 29; (6) Karl Marx – Friedrich Engels, ‘Manifesto del Partito comunista’, Roma, Edizioni Rinascita, 1949, p. 73; (7) ‘Manoscritti del 1844’, cit., p. 236] (pag 33-34) [Mario Alighiero Manacorda, ‘Marx e la pedagogia moderna’, Editori Riuniti, Roma, 1976]
- Categoria dell'articolo:Nuove Accessioni
- Articolo pubblicato:11 Giugno 2020