“A giudicare dalle allusioni fatte qui e là nella corrispondenza privata dell’epoca, un fatto è certo: il grosso della manodopera utilizzata nelle ferriere e nella cava è fornito dall’immigrazione interna e dall’esodo agricolo. Trattasi di forza-lavoro non specializzata, d’una mano d’opera costretta a lavorare in fabbrica, ma in fondo indifferente al contenuto specialistico del lavoro, una mano d’opera di lavoratori dequalificati, che nel linguaggio sociologico odierno s’è convenuto chiamare l’operaio-massa (1), di cui Marx ha detto: «… la manifattura produce operai senza abilità; la relativa svalorizzazione della forza-lavoro, dovuta all’eliminazione o dalla diminuzione delle spese di apprendistato, comporta direttamente una maggior valorizzazione del capitale in quanto tutto ciò accorcia il tempo necessario a riprodurre la forza-lavoro ed allarga il dominio del plusvalore» (2). Quest’operaio-massa non ha un vero e proprio mestiere, e lavora quasi al livello di sussistenza. Abbandona facilmente la fabbrica, manifestando così una sorta di mobilità non di tipo professionale, ma casuale, vale a dire non orientata. Pareto lamenta continuamente questa totale mancanza di stabilità del personale. In certi momenti dell’anno, specie durante la bella stagione, la scarsezza delle assunzioni giunge a livelli veramente critici (3). Quali le ragioni? Inesistenza d’ambizioni (4), e poi assoluta mancanza di formazione professionale adeguata. La piaga più grave dell’Italia «è costituita da tanti giovani che potrebbero guadagnare molto nelle industrie e preferiscono invece meschinissime paghe, pur di non avere da fare altro che leggere e scrivere»” (pag 199-200) [Giovanni Busino, ‘Vilfredo Pareto e l’industria del ferro nel Valdarno. Contributo alla storia dell’imprenditorialità italiana’, Banca commerciale italiana, Milano, 1977] [(1) Cfr. E.J. Hobsbawm, ‘L’aristocrazia operaia nella Gran Bretagna del XIX secolo’, in ‘Studi di storia del movimento operaio’, Torino, Einaudi, 1972, nonché A.E. Musson, ‘British Trade Unions, 1800-1875’, London, MacMillan, 1972; (2) K. Marx, ‘Il capitale. Critica dell’economia politica’, Libro primo, Libro primo: ‘Il processo di produzione del capitale’, Roma, Editori Riuniti, 1952 I (2), cap XII, ‘Divisione del lavoro e manifattura’, pp. 34-70; (3) Vedere, a titolo d’esempio, Ferriere Italiane, Cons. Amm., vol II, 17 settembre 1886 (…); (4) Allorché venne messa a disposizione dei figli degli operai una maestra per il doposcuola, nessun operaio volle approfittarne; constata Pareto, in ‘Ferriere Italiane, Cons. Amm., 27 agosto 1889, vol. III, f. 88]
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- Articolo pubblicato:2 Maggio 2020