“La coincidenza tra capitalismo visto da Lenin e capitalismo visto da Tugan [-Baranowsky], che cercheremo di dimostrare attraverso un attento confronto testuale, è completamente sfuggita allo Sweezy, lo studioso marxista che più si è occupato di queste questioni. A suo avviso anzi la tesi di Lenin rappresenta «la negazione della posizione di Tugan», perché Lenin aderendo alla teoria delle sproporzioni non esclude «l’importanza e la rilevanza della tendenza al sottoconsumo» la quale, «nonché contraddire la spiegazione della crisi sulla base della sproporzione, è semplicemente un aspetto di questa» (28). E più di recente: «Lenin respinge fermamente la tesi dell’impossibilità dell’accumulazione e nello stesso tempo, con pari fermezza, ne ripudia l’opposto, la tesi della possibilità di una illimitata espansione del capitalismo. Il conflitto fra accumulazione e consumo, sostiene Lenin, è una delle maggiori contraddizioni del capitalismo…» (29). Qui bisogna intendersi per evitare di discutere sulle parole invece che sui concetti. Che il consumo (30), o come più precisamente dice Lenin nel brano citato a proprio sostegno da Sweezy, «un ‘determinato’ livello di consumo», costituisce per Lenin un aspetto della teoria della sproporzione è verissimo, ma lo è anche per Tugan o per chiunque rifletta un minimo sugli schemi della riproduzione. (…) Dunque l’unico imbarazzo che può sorgere coi beni di consumo è che se ne producano troppo pochi o troppi in rapporto alla domanda creata con una determinata distribuzione delle risorse complessive della società; cioè che il consumo non si stabilisca, come dice Lenin, a quel «determinato livello» necessario per soddisfare la proporzionalità, ma un pò più in giù o un pò più in sù. Domanda e offerta di beni di consumo, domanda e offerta di beni di produzione sono variabili strettamente interdipendenti: per certi valori di alcune presi a piacere l’equilibrio si ha solo qualora le altre abbiano determinati valori; ma nessuna di esse rappresenta una variabile privilegiata o indipendente, per cui al funzionamento economico del sistema si richieda una crescita costante della domanda di beni di consumo, ‘indipendentemente’ dalla entità della domanda di mezzi di produzione, o viceversa. Questo, ovviamente, su un piano di economia pura. Ché se si prende in considerazione la funzione sociale dell’economia, allora Tugan è il primo a condannare, e con più insistenza di Lenin, la contraddizione tra accumulazione e consumo in nome di uno sviluppo più armonico, che meno sacrifichi le generazioni di oggi a quelle di domani, e oggi la classe lavoratrice a una minoranza privilegiata. (…) Quanto poi alla «possibilità di un’illimitata espansione del capitalismo», che Lenin secondo Sweezy respingerebbe con fermezza, ebbene proprio nel primo scritto economico di Lenin, del 1893 ma pubblicato solamente nel 1937 e forse ignoto al Sweezy, il contrario non solamente risulta da un’ampia e seria argomentazione ma è dichiarato a tutte le lettere: «il concetto di mercato è del tutto inscindibile dal concetto della divisione sociale del lavoro (…) il mercato si forma dove e in quanto compare la divisione sociale del lavoro e la produzione mercantile. L’ampiezza del mercato è inscindibilmente connessa col grado di specializzazione del lavoro sociale (…). In questo modo i limiti dello sviluppo del mercato, ‘esistendo la società capitalistica’, sono posti dai limiti della specializzazione del lavoro sociale, ‘e questa specializzazione’, per sua stessa natura, ‘è infinita’, precisamente come lo sviluppo della tecnica» (32). Il mercato, è questo il senso del discorso di Lenin, non è un’entità metafisica, una quantità data e immutabile, per cui, come scriveva Engels, ne debba seguire che lo stesso mercato se conteso tra nazioni diverse non possa assorbire la produzione globale di tutte, ma solo di una, e quindi o monopolio o sovrapproduzione cronica e progressiva. No: quanto più unità economiche, o nazioni, entrano nel mercato, tanto più questo si allarga, perché ognuna di esse vi arreca un’offerta di merci ma anche una domanda di altre merci perfettamente equivalente in valore all’offerta. Purché beninteso si presupponga una divisione razionale del lavoro tra le varie unità, cioè una distribuzione proporzionata delle risorse globali, il che non si realizzerà in pratica senza attriti profondi e grandi sprechi. Ma queste, che sono certo possibili, anzi per Lenin inevitabili, sono crisi da sproporzione e non da sottoconsumo. Come per Tugan.” [Domenico Settembrini, ‘Le contraddizioni del capitalismo nelle opere giovanili di Lenin (1893-1902)’, Nuova Rivista Storica, Città di Castello, n. 3-4, 1969] [(28) Sweezy, La teoria dello sviluppo capitalistico’, Torino, 1951, p. 241; (29) Sweezy, ‘Introduzione alla Accumulazione del capitale’ di Rosa Luxemburg, Torino, 1960, p. XXXI; (30) D’ora innanzi useremo la dizione “consumo” per indicare “consumo improduttivo”; (32) Lenin: “A proposito dela cosiddetta questione dei mercati”, ‘Opere’, I, p. 94] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]