“Il Suo libro è stato preso in seria considerazione e discusso. Poi ha prevalso il libro di Castelnuovo che era o sembrava più rifinito e filologicamente più ineccepibile. (…) Lei ha il merito di aver scritto il primo libro completo e ‘non conformistico’ su Gramsci. E proprio perché si è messo di fronte a Gramsci senza partito preso ha colto, a mio parere, alcuni aspetti genuini e fondamentali del suo pensiero. (…) Il capitolo più importante mi pare quello sulla egemonia: anche qui ho qualche volta l’impressione che Lei faccia di Gramsci un democratico più autentico di quel che fosse in realtà. Certo non era un totalitario: del resto, quando egli scriveva, il concetto di Stato totalitario, come lo possiamo formulare noi dopo l’esperienza fascista e staliniana, non esisteva ancora. Ma quel paragone del partito col principe mi ha sempre lasciato l’impressione che Gramsci di fronte al problema della conquista del potere non andasse tanto per il sottile. Comunque, in ogni interpretazione di un autore operiamo sempre una scelta: scegliamo quello che ci pare più vivo e importante per noi. Non posso rimproverarle di aver messo l’accento in modo particolare sul concetto di egemonia, perché anch’io avrei fatto lo stesso. Rimane a vedere donde Gramsci avesse tratto questa idea: che derivi da Lenin tutti lo dicono, lo lascia intendere anche Gramsci, ma non è vero. A meno che si tratti di una traduzione diversa da quelle a cui siamo noi oggi abituati, mi pare che il termine egemonia in Lenin non ricorra mai. La parola egemonia, invece, era, nel linguaggio politico italiano, comune per indicare per esempio la situazione del Piemonte nelle guerre del Risorgimento: egemonia piemontese ecc. Direi che Gramsci applicava al problema politico un concetto che aveva derivato dai suoi studi sul Risorgimento. Ma bisognerebbe andare più a fondo: mi meraviglia, che nessuno, salvo errore, abbia dedicato a questo concetto di egemonia maggiore attenzione dal punto di vista delle fonti. Per quel che riguarda le conseguenze in tema di rapporti tra socialismo e democrazia, le Sue riflessioni sul concetto di egemonia mi paiono da accettare. Io aggiungerei soltanto una postilla: la democrazia ha bisogno non soltanto del consenso, ma anche della ‘verifica del consenso’. E questa verifica non vedo come si possa attuare se non attraverso le elezioni, più precisamente attraverso ‘libere elezioni’. Le elezioni non sono tutto, ma sono pur sempre necessarie. Ma le elezioni per essere tali, e non già una finzione, devono essere libere. Una volta aperta la porta alla democrazia, questo ci rinvia immediatamente anche alle libertà individuali. È una catena in cui non possiamo fermarci al primo anello” [dalla lettera di Norberto Bobbio a Giuseppe Tamburrano, Torino, 29 agosto 1963] (pag 47-49) [(in) N. Bobbio – G. Tamburrano, ‘Carteggio su marxismo, liberalismo, socialismo’, Editori Riuniti, Roma, 2007] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]