“[P]roiettata in una dimensione mitteleuropea, la questione nazionale – vista come questione cèco-tedesca – poteva essere ridotta ad una ‘lokale Anomalie’ [‘anomalia locale’, ndr], superabile con la vittoria del socialismo nella nazione più forte, in Germania. Il che spiega la tendenza di Adler, in armonia col punto di vista di Engels, a differire in quella fiduciosa attesa la soluzione del problema. E’ noto che Kautsky, sul cui lavoro teorico Solle conduce una attenta analisi, fu presente al congresso di Hainfeld e il suo ruolo fu decisivo nel caratterizzare in senso marxista il programma della socialdemocrazia austriaca: meglio ancora, il marxismo diffuso negli ultimi due decenni del secolo tra i socialisti austriaci, tra gli stessi socialisti cèchi, lo fu nell’interpretazione kautskyana, in un adattamento, cioè, in cui si formarono i capi della Seconda Internazionale. Sul problema nazionale, la tesi quarantottesca di Marx ed Engels, dei ‘geschichtslosen Völker'[‘popoli senza storia’, ndr], appariva superata. I socialisti dell’Austria ritenevano ora che la lotta di liberazione dei popoli oppressi non danneggiava il movimento operaio, al contrario: poteva portare ad un largo fronte di opposizione contro le forze dominanti negli stati esistenti. Kautsky, quando si interessò al problema, nel ’75, in una serie di articoli sul ‘Volksstaat’, l’affrontò secondo gli schemi del suo socialdarwinismo di allora: prodotto storico dell’evoluzione dell’umanità, il nazionalismo moderno – egli pensava – sarebbe stato superato dallo stesso sviluppo storico. Però, dopo il 1880, dopo un viaggio in Austria Kautsky mutò parere, tornando alle tesi marxiane del ’48: di nuovo la distinzione tra popoli «progressisti» e popoli «reazionari», di nuovo la riduzione del movimento socialista austriaco ad appendice della socialdemocrazia tedesca. Nel 1885, scrivendo ad Engels sui risultati di un suo studio sulle lotte nazionali in Austria, Kautsky ne rilevò il carattere classista, e gli sembrava quindi del tutto inadeguata la soluzione federativa. La nazione cèca – e qui la suggestione del vecchio giudizio di Marx è evidente – era rimasta arretrata rispetto al rapido sviluppo del capitalismo, perciò in una posizione subalterna alla nazione tedesca. Su questo punto il pensiero di Kautsky si incontrava con quello di Adler, per il quale, comunque, e specie negli anni ’90, quando la socialdemocrazia austriaca divenne un grande partito politico, la cosa più importante era che il problema nazionale rimanesse sullo sfondo, in un programma prioritariamente riformista. Ed Engels gli dava ragione già in una lettera del 30 agosto 1882: anzitutto l’unità internazionale dei lavoratori per l’emancipazione sociale ed economica; la rivoluzione socialista in Germania avrebbe risolto il problema nazionale nel centro-Europa, ponendo fine alla «momentane politische Trennung von Deutschland» [‘attuale separazione politica della Germania’, ndr] di alcuni stati tedeschi autonomi” (pag 167-168) [Renato Monteleone, ‘I socialisti e la questione nazionale cèca nella monarchia asburgica. Fonti e contributi recenti’, Movimento Operaio e Socialista’, Genova, n. 2, aprile-giugno 1969]