“Engels, in una sua corrispondenza del gennaio 1848 per la rivista «The Northern Star», aveva definito la conclusione della conquista francese di Algeri un «progresso della civiltà», perché «tutte queste nazioni di liberi barbari appaiono molto fiere, nobili e gloriose, se viste a distanza», ma se le si guarda da vicino, alla loro barbarie di predoni è «dopo tutto preferibile il borghese moderno, con la civiltà, l’industria, l’ordine e lo spirito relativamente illuminato che lo accompagnano» (19). Engels si era rallegrato anche della conquista americana del Messico. Pur sapendo che nell’immediato quella guerra avrebbe giovato «innanzi tutto solo alla borghesia» statunitense, pensava che per il Messico l’esser stato «tirato con la violenza nel movimento storico» costituisse comunque un progresso. Sicché «è nell’interesse del suo stesso sviluppo che in futuro esso sia posto sotto la tutela degli Stati Uniti» (20). A proposito della colonizzazione inglese dell’India c’è un giudizio lapidario di Marx, ossia che «l’Inghilterra deve assolvere una doppia missione (…), una distruggitrice, l’altra rigeneratrice: annientare la vecchia società asiatica e porre le fondamenta materiali della società occidentale in Asia» (21). Perfino la Russia, bestia nera di Marx ed Engels per l’autoritarismo liberticida ch’essa rappresentava, in una lettera di Engels del 23 maggio 1851 all’amico veniva giudicata «veramente progressista nei confronti dell’Oriente», perché «il dominio russo, con tutta la sua brutalità, con tutto il suo sudiciume slavo, compie opera di civiltà nel mar Nero, nel mar Caspio e nell’Asia centrale, tra baschiri e tartari»: perché ivi, a merito storico della Russia, sono stati introdotti «specialmente elementi della società industriale» (22). La Francia in Algeria, gli Stati Uniti nel Messico, l’Inghilterra in India, la Russia al di là degli Urali fungevano per Marx ed Engels da agenti di una legge oggettiva della storia: vi importavano i germi della modernità che, dissolvendo gli anacronismi socio-economici tribali, patriarcali, medievali, e sviluppandovi l’imprenditorialità mercantile e poi capitalistico-industriale, avrebbero posto in tutti quei paesi le premesse per la transizione al socialismo” (pag 47-48) [(19) OME (Marx-Engels Opere, Roma, Editori Riuniti, Roma, 1972, VI, p. 525; (20) Engels, 1848, 1973, p. 538 (‘I movimenti del 1847’, OME, VI, 1973, pp. 531-540); (21) Marx 1853, 1978 (‘I risultati futuri della dominazione britannica in India’, in OME XII, 1978), pp. 223-29), p. 223; (22) OME, XXXVIII, 1972 e sgg., p. 290] [Nicolao Merker, ‘La filosofia dei nazionalismi europei’, La Scuola di Pitagora editrice, Napoli, 2018]