“Nei ‘Manoscritti’ Marx distingue due forme di comunismo: il comunismo «rozzo», che si fonda su una mera soppressione della proprietà privata, come principio sul quale fondare una comunità politica; il comunismo politico, democratico e dispotico, che pur avendo abolito lo Stato, in quanto espressione della proprietà privata, non riesce a risolvere effettivamente l’alienazione umana: è il comunismo sostenuto dai teorici francesi, Buonarroti, Cabet. Ed infine il comunismo, proposto da Marx, in quanto effettiva soppressione della proprietà privata quale autoalienazione dell’uomo e che attua «la reale approvazione dell’umana essenza da parte dell’uomo e per l’uomo». Da questo punto di vista il comunismo si presenta, hegelianamente, come negazione della negazione, cioè come negazione del lavoro alienato e di tutto ciò che rende possibile tale alienazione – la società fondata sulla proprietà privata dei mezzi di produzione -, e quindi come affermazione della vera, reale umanità dell’uomo, cioè della sua intrinseca socialità: «Il comunismo è, in quanto negazione della negazione, affermazione; perciò è il momento reale, e necessario per il prossimo svolgimento storico, dell’emancipazione e della riconquista dell’uomo. Il comunismo è la struttura necessaria e il principio propulsore del prossimo futuro…» (24). In questa prospettiva il comunismo si presenta come la ragione della dinamica storica, come il risultato della storia e di conseguenza come la consapevolezza della nuova forma di società, cui mette capo il divenire storico: «L’intero movimento della storia è quindi l’atto reale di generazione del comunismo – l’atto di nascita della sua esistenza empirica -: ma è anche per la sua coscienza pensante il movimento, compreso e reso cosciente del suo divenire…» (25). Marx sottolinea l’importanza di acquisire la coscienza del reale processo storico da cui si genera il comunismo, che è la premessa dell’azione pratica rivolta all’attuazione dello stesso comunismo (26). La politica, per Marx, è intimamente connessa a questa azione pratica, reale, con la quale è tolta la proprietà privata: la politica si riferisce, quindi, all’azione rivoluzionaria, in quanto modifica radicalmente l’ordine esistente. La politica tradizionale è espressione di una organizzazione caratterizzata dalla coercizione, che si forma sulla base dei rapporti di subordinazione propri del lavoro alienato ed è destinata a «finire» con l’instaurazione del comunismo. Il rapporto Stato-società civile, che caratterizza il mondo sociale espresso dalla produzione capitalistica, si risolve in quello della società-comunità, in cui si realizza la vera e totale umanità dell’uomo, che diventa reale uomo sociale” (pag 318-319) [Mario D’Addio, ‘Storia delle dottrine politiche. Volume II’, Genova, 1992] [(24) (25) (26) K. Marx, ‘Manoscritti economico-filosofici’, a cura di N. Bobbio, Torino, 1968, p. 126; p. 111; p. 137]