“Nel 1841 Marx ricopiava in un taccuino il seguente passo tratto dal ‘Tractatus theologico-politicus’ di Spinoza: “[il] diritto (jus) a comandare come piace loro appartiene ai sovrani financo che esercitano realmente il più grande potere; se essi perdono questo questo potere, perdono allo stesso tempo il diritto di comandare” (48). E forse nessuno ha sviluppato più rigorosamente di Spinoza ciò che Derrida chiama l’effetto elmo: per Spinoza il sociale non è altro che un campo di forze che si oppongono e non esiste dunque idea di giustizia che non sia già immanente alle relazioni di potere, nessun pensiero che sia immanente alle relazioni di potere, nessun pensiero che non sia immanente all’azione e nessuno spirito senza corpo. Mentre Derrida (‘Forza di legge’ (49)) sembra concepire la giustizia fuori dal diritto e fuori dallo stato (anziché un diritto e uno stato da realizzare), oltre la forza (la quale, come ha dimostrato Foucault, non è diversa dalla violenza), e dunque dotata di un’indecostruibile esistenza spirituale, Marx, nello spirito di Spinoza, ha parlato di uno spettro che in nessun modo può essere compreso come “quel che si immagina, quel che si crede e che si progetta: su uno schermo immaginario, là dove non c’è nulla da vedere” (50). Al contrario, lo spettro che si è confrontato con “le forze della vecchia Europa” ha abitato certamente una forma corporea rispetto a cui non può essere detto pre-esistente. Come lo spettro del padre di Amleto, lo spirito del marxismo, l’idea di giustizia che esso definisce, le speranze e le promesse che offre, fanno sempre la loro comparsa nel mondo già armate: gli scioperi, i disordini e le sommosse della classe operaia in Europa (51). I movimenti di lotta e le diverse organizzazioni che prendono forma all’interno di tali eventi, invece di uccidere lo spirito del marxismo, sono la sola forma in cui esso può, nella sua irriducibile diversità, vivere. Sovvertendo ogni pneumacentrismo, Marx ha, molto presto, rigettato la nozione kantiana di “arma della critica” in favore di una “critica delle armi”, riconoscendo che la teoria diviene effettiva fintanto che è materializzata nella forma di movimenti di massa: “una forza materiale può essere rovesciata solo da un’altra forza materiale” (52)” [Warren Montag, ‘Spiriti armati e disarmati: Spettri di Marx di Derrida’] [(in Jacques Derrida e altri, ‘Marx & Sons. Politica, spettralità, decostruzione’, Milano, 2008] [(48) Karl Marx, “Le Traité Théologique-Politique et la Correspondance de Spinoza: trois cahiers d’étude de l’année 1841”, “Cahiers Spinoza, 1, Eté, 1977, pp. 59-60; (49) J. Derrida, ‘Forza di legge. Il “fondamento mistico dell’autorità”, Bollati Boringhieri, Torino, 2003; (50) J. Derrida, ‘Spettri di Marx’, cit., p. 129; (51) Negli anni che precedono il ‘Manifesto’, Marx e Engels, specialmente in Inghilterra e in Germania, hanno studiato molto da vicino i movimenti operai e descritto il comunismo come il risultato oggettivo di queste forze. Si vedano in particolare i commenti di Engels sulla rivolta dei tessitori salesiani del 1844 e il suo ‘Condizione della classe operaia in Inghilterra’ (1845); (52) K. Marx, ‘Per la critica delle filosofia del diritto di Hegel’, Editori Riuniti, Roma, II ed., 1969, p. 101 [trad. leggermente modificata]”