“Come già in passato, Engels attende (sarebbe meglio dire: spera) una rivoluzione in Russia nel giro di un tempo brevissimo: se la pace dura, l’assetto attuale della Russia «può durare ancora pochi mesi e poi non vi sarà altra soluzione che fare appello ai liberali, vale a dire creare un’assemblea nazionale di un qualunque tipo, e ciò, se io conosco bene la Russia, significa una rivoluzione della portata di quella del 1789» (57). Ancora qualche anno dopo, nel 1885, Engels scrive a Vera Zasulic che «laggiù il 1789 si avvicina» (58) e non importa se quelli che fanno la rivoluzione non sono direttamente in sintonia con gli interessi della rivoluzione: «gli uomini che hanno incendiato la polveriera saranno travolti da un’esplosione più forte di loro, che si troverà una via d’uscita come meglio potrà» (59). Ancora tre anni dopo Engels, in una lettera a Ion Nadejde, scrive che la santa alleanza dei tre assassini della Polonia sussiste ancora: nel 1815 tale alleanza fu fondata in opposizione allo spirito rivoluzionario del popolo francese, nel 1871 fu rafforzata a spese dell’Alsazia-Lorena, fatto che rese «la Germania schiava dello zarismo» (60) e lo zar arbitro dell’Europa: nel 1888, secondo Engels, tale alleanza (allude probabilmente a quel che resta del ‘Dreikaiserbund’), sussiste ancora per annientare il movimento rivoluzionario nei tre imperi. Ma è lo zar che è sempre il nemico numero uno: «Rovesciare lo zarismo ed annientare con questo l’incubo che grava sull’Europa è, a nostro avviso, la prima condizione dell’emancipazione delle nazioni dell’Europa centrale ed orientale. Nello stesso momento in cui lo zarismo risulterà abbattuto, noi assisteremo al disfacimento di quell’infausta potenza che è rappresentata da Bismarck, privata ormai del suo sostegno fondamentale. L’Austria si dissolverà e perderà la sola ragione della sua esistenza, ossia il fatto di rappresentare un ostacolo con la sua presenza all’assorbimento da parte dello zarismo delle nazionalità che si trovano tra i Carpazi e i Balcani; la Polonia verrà restaurata: la piccola Russia potrà liberamente scegliere le sue alleanze politiche; i romeni, i magiari e gli slavi del sud, liberi da ogni ingerenza straniera, potranno sistemare tra di loro ogni questione ed ogni problema di frontiera; infine, la nobile nazione dei grandi russi non si darà più ad avventure e conquiste insensate che fanno unicamente gli interessi dell’autocrazia, ma porterà a termine la sua autentica missione civilizzatrice in Asia, e insieme all’occidente, accrescerà le sue notevolissime capacità intellettuali e non si sbarazzerà più con i lavori forzati e con il patibolo dei suoi figli migliori» (61). Si noti che Engels ritiene che la missione vera e propria della Russia è la civilizzazione dell’Asia, vale a dire l’estensione delle conquiste politiche, sociali, civili e morali di un 1789 russo al continente asiatico: l’importanza per l’occidente di una rivoluzione russa è ancora una volta la soppressione dell’impalcatura autocratica dell’assolutismo zarista. Nel 1890, quando la «santa alleanza» ormai vacilla (travolta da insanabili disaccordi interni), Engels scrive il testo che qui presentiamo ai lettori: questo scritto; come abbiamo cercato di dimostrare, sistematizza in un modo che vuole essere organico una serie di convinzioni e di spunti già maturati negli anni precedenti. La rivoluzione non ha avuto luogo, il periodo «terroristico» è finito senza che lo stato zarista sia mai stato seriamente messo in discussione, il ventennio bismarckiano sta tramontando ed il pericolo di una guerra è ben ora più presente. In caso di guerra la cosa più importante è naturalmente sempre la distruzione dell’impero zarista” [Bruno Bongiovanni, Introduzione][(in) Friedrich Engels, ‘La politica estera degli zar’, Milano, 1978] [(57) Engels e Eduard Bernstein (22-25.2.1882), in Eduard Bernstein ‘Briefwechsel mit Friedrich Engels, hrs, von Elmut Hirsch, Van Gorcum, Assen 1970, p. 86; (58) Engels a Vera Zasulic (23.4.1885, in K. Marx F. Engels, ‘India Cina Russia’, cit., p. 251; (59) Ibidem; (60) Engels a Ion Nadejde (4.8.1888), in Marx Engels, ‘Werke’, vol. 37, Dietz, Berlin, 1967, p. 4; Nadejde (1854-1928) era un socialista romeno; (61) Ibidem, p. 5]
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- Articolo pubblicato:31 Dicembre 2017