“Un gruppetto di articoli del Labriola riguarda la crisi del marxismo, sia in generale, sia per quanto concerne il Sorel e il Croce. Il Labriola voleva che nessuno confondesse il suo atteggiamento con quello di Sorel e del Croce. Un articolo di carattere generale è quello contro il Masaryk, che aveva pubblicato un’opera dal titolo ‘Die philosophischen und sociologischen Grundlagen des Marxismus’ (22). A dir vero questo scritto del Labriola è sostanzialmente una recensione critica, ma l’autore insinua abilmente le sue vedute circa la crisi del marxismo ed esce in affermazioni, come queste: «Il socialismo ha innanzi a sé – così per le generali, e senza tener conto delle differenze che corrono fra i diversi paesi – questo problema veramente intricato e difficile: che esso, cioè, mentre deve rifuggire dal perdersi nei vani tentativi di una romantica riproposizione del rivoluzionarismo tradizionale, deve anche guardarsi nello stesso tempo da quei modi di adattamento e di acquiescenza, che, per le vie delle transazioni, lo farebbero come sparire nell’elastico meccanismo del mondo borghese» (23). Parole tutte, piene di profondo senso storico e di preveggenza acutissima! Ma, dal punto di vista teorico, lo scritto contro il Croce ha maggiore importanza. In questo il Labriola contesta la legittimità di un’economia pura, come economia della specie umana, dell’uomo superstorico e supersociale. E’ in fondo una polemica contro la scuola austriaca dell’economia. Ma il Labriola non ha chiaro il concetto di modello teorico e della sua funzione. A proposito della politica del Partito socialista italiano, il Labriola, fin dal 1894, aveva precisato il suo pensiero. Per lui il partito non poteva vivere, crescere e prosperare se non a patto «di non ricadere nella ‘fatuità’ dell’anarchismo; di non cristallizzarsi nella goffa idea del ‘legalitarismo’ parlamentare, che poi in avvenire può ben risolversi in una nuova requisizione del ‘bestiame votante’; di essere, di voler essere, e di saper essere ispirato sempre al principio della ‘rivoluzione pratica e progressiva’, usando modi non preconcetti ma sperimentati di organizzazione, e forme tali di propaganda quali le richiedono la condizione del paese e il temperamento degli uomini. Fuori di ciò è o il ‘delirio’ o la ‘viltà’ (…)” [Luigi Dal Pane, ‘Antonio Labriola nella politica e nella cultura italiana’, Torino, 1975] [(22) Cfr. Labriola, ‘A proposito della crisi del marxismo’, in ‘Rivista italiana di sociologia, III, fasc. III, Roma, maggio 1899; “Die neue Zeit”, I, 1899-900, pp. 68 sg. Un interessante articolo sulla crisi del marxismo, ispirato dal Labriola, è quello di ‘Spectator’ (Andrea Torre), intitolato ‘Uno scisma socialista?’ e pubblicato in “Roma, Rivista politica parlamentare”, del 4 giugno 1899. Cfr. anche il seguito della polemica nella stessa rivista con gli interventi di Saverio Merlino e Benedetto Croce; (23) Labriola, ‘A proposito della crisi del marxismo’, cit., p. 15; Valiani, ‘Questioni di storia’, cit., p. 387. Siccome il capitalismo stesso finisce col moltiplicare ed educare i proletari, si tratta per dei socialisti di non abbandonarsi troppo presto alle illusioni delle riforme concesse dai governi della borghesia liberale. Cfr. A. Labriola, ‘A propos du livre de Bernstein’, in ‘Mouvement socialiste’, 1° maggio 1899. Il Labriola partecipò vivacemente, spesso fra le quinte, alla polemica italiana sulla cosiddetta ‘crisi del marxismo’. Oltre ai già citati passi del carteggio Turati, si devono consultare gli articoli pubblicati da Andrea Torre, fedele scolaro del Labriola. Il Torre stesso ebbe a citarmi vagamente questi articoli, come ispirati dal Labriola. Si deve citare in proposito la ricerca di Aldo Venturini e Pier Carlo Masini, pubblicata nel volume di S. Merlino, ‘Concezione critica del socialismo libertario’, La Nuova Italia, Firenze, 1957, pp. 263-86] (pag 434-435); “Antonio Labriola fu perciò un isolato nel movimento socialistico italiano, né ebbe sopra questo influenza reale. La sua importanza fu forse meglio compresa da molti non socialisti, i quali ammirarono e amarono in lui l’onestà della vita e delle convinzioni, la saldezza del carattere morale, l’indipendenza dei giudizi, la profondità e l’originalità del pensiero. Antonio Labriola godette e gode di buona fama fuori d’Italia, ma anche qui non si ha la sensazione esatta (49) delle forze novatrici che erano in lui e che ci sembrano dare un singolare rilievo alla sua figura, che si stacca con balzo potente dal quadro della vita del tempo suo” (pag 446) [Luigi Dal Pane, ‘Antonio Labriola nella politica e nella cultura italiana’, Torino, 1975] [(49) Cfr. per esempio le ‘Lettere di Giorgio Sorel a Uberto Lagardelle’, in “Educazione fascista”, marzo 1933, p. 235. Il Kautsky, nella sua opera da noi più volte citata, si limita a un semplice cenno sull’opera del L. (I, p. 14). Più larga comprensione mostra il Trockij, il quale ha nettamente individuata la posizione peculiare che spetta a L. nella storia del marxismo (cfr. Trotsky, ‘Ma vie’, Rieder, Paris, 1950, vol. I, pp. 189-190)]