“Il Marx maturo (…) si perita sempre più di sottolineare l’importanza di uno studio scientifico dei processi indipendenti dalla volontà umana e insiste sempre più sul concetto di «necessità storica». La tensione tra questo stile di pensiero deterministico e la sua visione del mondo venne scaricata e risolta da Marx a livello della prassi politica incitando quelle «forze storiche», che a livello teorico apparivano come ciechi strumenti di un destino indipendente dalla loro volontà, ad organizzarsi in vista della rivoluzione. Marx tenne sempre presente i due poli di questo dilemma per risolvere il quale considerò il movimento operaio e socialista (del quale egli era diventato verso gli ultimi anni della sua vita lo ‘spiritus rector’) come l’agente primario del processo storico. (…) Nonostante la sua tendenza a sottolineare continuamente il carattere ineluttabile del processo che avrebbe portato all’instaurazione del regno della libertà, Marx non abbandonò mai completamente la sua concezione giovanile di una rottura rivoluzionaria nel corso della quale teoria e prassi avrebbero interagito provocando una totale trasformazione della condizione umana. Ai suoi occhi qualsiasi altra meta non solo sarebbe stata indegna di un serio sforzo, ma sarebbe stata irrealistica: se l’umanità si fosse proposta degli obiettivi più modesti non avrebbe fatto altro che perpetuare la propria schiavitù alle circostanze esterne ma non sarebbe mai divenuta padrona di se stessa e del mondo circostante, naturale e sociale. Dire che Engels – e seguendo il suo esempio Kautsky e tutta la corrente ortodossa – abbandonò questa prospettiva sarebbe del tutto fuorviante. Engels e Kautsky, infatti, si limitarono semplicemente a trasformare quella che originariamente era una ‘weltanschauung’ rivoluzionaria in una teoria «scientifica» del processo storico, analoga agli schemi dell’evoluzione darwiniana (2). I primi passi in questo senso vennero compiuti da Engels (nel suo famoso libro ‘Antidühring’) quando Marx era ancora in vita, e approvò esplicitamente, anche se probabilmente con qualche riserva, l’operato dell’amico. Nel 1876-8, quando Engels (aiutato in ciò da Marx) si impegnò in una polemica con Dühring, attaccando la sua particolare versione e il credo positivistico socialista allora in voga, Marx ebbe indubbiamente delle buone ragioni per dare la sua sanzione a una interpretazione del suo pensiero che veniva presentato al pubblico tedesco come ancor più rigidamente «scientifico» del sistema eclettico di Dühring (3). E infatti così avvenne: tale interpretazione venne avallata da Marx il quale dopo tutto non per niente aveva trascorso metà della sua vita nell’Inghilterra vittoriana. Ma il successivo scivolamento verso il positivismo e lo scientismo – acceleratosi dopo la sua morte e definitivamente consacrato da Kautsky dopo la morte di Engels (1895) – andò molto al di là di quanto egli avrebbe potuto prevedere. Al posto dell’originaria concezione dialettica, nella quale il pensiero critico veniva convalidato dall’azione rivoluzionaria, subentrava ora un sistema di «leggi» ferree dalle quali l’inevitabilità del socialismo poteva  essere dedotta con certezza quasi matematica. Teoria e prassi tornarono nuovamente divise, e la prima servì principalmente a dimostrare l’inevitabilità della decomposizione della società borghese, dalla quale sarebbe sorto il socialismo così come in maniera più o meno analoga il capitalismo era sorto dalla decomposizione del sistema feudale. Nello stesso tempo la «meta finale» (cioè il socialismo) non venne più vista come un obiettivo più o meno immediato, ma venne relegata in un futuro talmente lontano da farla quasi sparire dall’orizzonte storico. Qualsiasi altro punto di vista veniva liquidato come «utopistico» e «non scientifico» (4)” [George Lichtheim, ‘Il marxismo’, Bologna, 1971] [(2) Cfr. Engels, ‘Rede am Grabe von Karl Marx’ in “Sozialdemokrat”, XIII, 22 marzo 1883: «Così come Darwin ha scoperto la legge dello sviluppo della natura organica, Marx ha scoperto la legge di sviluppo della storia umana». Questa affermazione di Engels fu all’origine di un interminabile dibattito sul significato del «socialismo scientifico». Definendo subito dopo, nella stessa orazione funebre Marx «… in primo luogo un rivoluzionario», egli diede l’avvio a una serie interminabile di discussioni e polemiche che ancor oggi non sono cessate; (3) Cfr. ‘Herrn Eugen Dührings Umwälzung der Wissenschaft’, Leipzig, Genossenschaft-Buchdruckerei, 1878, trad. it., ‘Antidühring’, Roma, Editori Riuniti, 1968 (…), per quanto riguarda la parte avuta da Marx nella stesura di questo scritto, vedi la prefazione alla seconda e alla terza ediz.; cfr. anche l’introduzione di Engels all’edizione inglese di ‘Socialisme utopique et socialisme scientifique’ (Paris, Derveaux, 1880) apparsa nel 1892 col titolo: ‘Socialism: Utopian and Scientific’ (trad. it. ‘L’evoluzione del socialismo dall’utopia alla scienza’, Roma, Editori Riuniti, 1970); (4) Cfr. a questo proposito Korsch, ‘Marxismus und Philosophie’, trad. it, cit., pp. 39-40; Fetscher, op. cit., passim. Questa descrizione del marxismo socialdemocratico non è una deformazione dello stesso e lo si può vedere se solo si esaminano gli scritti dei teorici più rappresentativi, quali Kautsky; ma basterebbe soltanto consultare gli ultimi scritti di Engels per fugare ogni dubbio. ‘Socialisme utopique et socialisme scientifique’, ad esempio, si può senz’altro considerare un mirabile compendio della nuova visione del mondo positivistica]