“L’opera di Tolstoj, nella lettura di Lenin, è tutto questo, in modo magnifico, grandioso, irritante: la denuncia impietosa, realistica di un sistema di relazioni sociali inique, la descrizione di vite sfigurate e avvilite da povertà e ignoranza, l’illusione agli occhi di Lenin insopportabile (1) di poter trovare nell’esperienza religiosa, nella resistenza passiva al male, la forza per rovesciare l’iniquità del mondo. E’ un’interpretazione, questa tracciata con rapidi schizzi da Lenin, tutt’altro che superficiale, ben presente nel dibattito interpretativo degli anni successivi. Non a caso, di questa lettura si sarebbe impadronito due decenni dopo, alla metà degli anni Trenta, György Lukács nei suoi ‘Saggi sul realismo’; lo scritto dedicato a Tolstoj (‘Tolstoj e l’evoluzione del realismo’ (2)) è punteggiato da riferimenti frequenti a queste pagine, in cui Lukács ritrova anticipata in qualche misura la sua idea di realismo e la sua distinzione tra il grande romanzo borghese, tra le opere di scrittori (in tempi e modi diversi, Fielding e Defoe, Balzac, Stendhal e appunto Tolstoj) capaci di afferrare ed esprimere le tendenze essenziali, profonde delle società in cui vivono (a prescindere dalla loro simpatia per questi processi, progressisti o reazionari che siano nell’ideologia e nella fede che esplicitamente professano), e il mediocre empirismo del romanzo naturalistico, l’asfissiante attenzione per il dettaglio che avvilisce la prosa, pur raffinata, di Flaubert, Maupassant, di Zola. Modulata in modo differente nei testi, questa è l’immagine che Lenin traccia di Tolstoj, perfettamente chiara, a tutto tondo, senza esitazioni: la Russia contadina tra 1861 e 1905, le sue paure, le sue velleità e aspirazioni, tutto questo è Tolstoj, specchio fedele di un mondo e della catastrofe che in questi anni lo sta travolgendo” [Roberto Peverelli, introduzione a: V.I. Lenin, ‘Scritti su Tolstoj’, Milano, 2017] [(1) «Una delle cose più ignobili che sono al mondo, ovvero la religione, la tendenza a sostiuire i papi-funzionari di Stato con i papi per convinzione, ovvero la cultura del ‘clericalismo’, la più raffinata e, per questo, la più disgustosa»] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]