“Per l’idea di «movimento della realtà», di «evoluzione dell’umanità», presenti nella «concreta, ma non empiristica» e antipositivistica ricerca storiografica di Febvre e di Bloch, per la loro elusione di rigidi confinamenti e compartimenti stagni, questi autori si possono forse accostare a Marx, come suggerisce Vilar. Ma sembra eccessivo dire che ci trasmettono una lezione ‘convergente’ con quella di Marx (17). È vero che anche Marx «non si interessa soltanto alle leggi della sua esistenza, ma tratta la società borghese come una organizzazione sociale storica in tutti i suoi aspetti, e perciò anche come storicamente transitoria» (18). Tuttavia la sua concezione della storia rinvia a un’opera storiografica fondamentalmente diversa da quella perseguita dagli ideatori di ‘Annales’, nella misura in cui essa «non implica una preferenza ‘soggettiva’ ad una cera qualità e somma d’interessi umani, contrapposti ad altri per elezioni di arbitrio, ma enuncia soltanto la obiettiva ‘coordinazione’ e ‘subordinazione’ di tutti gli interessi nello sviluppo di ogni società, ed enuncia ciò per via di quel ‘processo genetico’, il quale consiste nell’andare ‘dalle condizioni ai condizionati, dagli elementi della formazione alla cosa formata’» (19). “Dice infatti Marx nell”Ideologia tedesca’: «Questa concezione della storia si fonda dunque su questi punti: spiegare il processo reale della produzione, e precisamente muovendo dalla produzione materiale della vita immediata, assumere come fondamento di tutta la storia la forma di relazioni che è connessa a quel modo di produzione e che da esso è generata, dunque la società civile nei suoi diversi stadi, e sia rappresentarla nella sua azione come Stato, sia spiegare partendo da essa tutte le varie creazioni teoriche e le forme di coscienza, religione, filosofia, morale, ecc. ecc. e seguire sulla base di queste il processo della sua origine, ‘ciò che consente’ naturalmente ‘anche di rappresentare la cosa nella sua totalità’ (e quindi anche la reciproca influenza di questi lati diversi l’uno sull’altro). Essa non deve cercare in ogni periodo una categoria, come la concezione idealistica della storia, ma resta salda costantemente nel terreno storico reale, non spiega la prassi partendo dall’idea, ma ‘spiega la formazione delle idee partendo dalla prassi materiale’, e giunge di conseguenza al risultato che ‘tutte le forme e prodotti della coscienza possono essere eliminati non mediante la critica intellettuale risolvendoli nell'”autocoscienza”‘ o trasformandoli in “spiriti”, “fantasmi”, “spettri”, ecc., ma solo mediante il rovesciamento pratico dei rapporti sociali esistenti, dai quali queste fandonie idealistiche sono derivate; che non la critica, ma la rivoluzione è la forza motrice della storia, anche della storia della religione, della filosofia e di ogni altra teoria» (20)” [(17) P. Vilar, “Storia marxista, storia in costruzione”, in ‘Problemi di metodo storico’, cit., p. 564 e p. 575; (18) K. Korsch, ‘Karl Marx’, tr. it. di A. Illuminati, Bari, Laterza, 1968, p. 9; (19) Antonio Labriola, “Del materialismo storico. Dilucidazione preliminare”, in ‘La concezione materialistica della storia’, a cura di E. Garin, Bari, Laterza, 1965, p. 63; (20) K. Marx F. Engels, ‘L’ideologia tedesca’. tr. it. di F. Codino, Roma, Editori Riuniti, 1967, pp. 29-30. Corsivi miei] (pag 123-124) [Rosanna Albertini, ‘L’esperienza di «Annales»’, Critica marxista, Roma, n. 5, settembre-ottobre 1974 (pag 117-131]