“Nella misura in cui all’irrazionalità ed alla spontaneità del sistema capitalistico si sostituiva la pianificazione con la scelta cosciente degli obiettivi per l’attività economica, scomparivano le ragioni stesse per l’esistenza di leggi a carattere «naturale», venivano meno le categorie del profitto, dei prezzi, del valore ecc. proprie al precedente sistema economico, e, con queste, veniva meno anche l’economia come scienza. In conformità con questi principi vennero sostenute tesi, e, negli anni del comunismo di guerra, attuati anche esperimenti di completa eguaglianza nelle remunerazioni, di abolizione della moneta, di gratuità di servizi pubblici (trasporti urbani e simili) (3). Negando l’esistenza nella società socialista di leggi economiche oggettivamente valide, indipendentemente dalla volontà umana, si lasciava campo aperto al volontarismo; tutto era possibile alla volontà politica e la pianificazione ne sarebbe stato lo strumento di attuazione. Per la più completa ed autorevole esposizione di questa corrente di pensiero si fa generalmente riferimento al libro ‘L’economia del periodo di transizione’ di N. Bucharin, maturato nel periodo del comunismo di guerra di cui avrebbe potuto costituire il manifesto teorico. Al volontarismo più aperto per la società collettivistica veniva contrapposto il determinismo più rigido per quella capitalistica condannata alla rovina di cui l’autore vedeva chiari sintomi a breve scadenza. La pianificazione era presentata come lo strumento per la realizzazione della volontà politica dell’avanguardia proletaria che, nel periodo di transizione dalla società capitalistica a quella comunista, per creare le condizioni di completa libertà per la persona umana, avrebbe dovuto agire coercitivamente, non solo sulle classi avverse, ma anche sui contadini e sulla classe operaia stessa. Nel libro, mentre abbondavano descrizioni del sistema capitalistico e dei suoi malanni, mancava un esame della situazione sovietica in termini diretti e l’indicazione di che cosa veramente si volesse fare e quali obiettivi concretamente perseguire (4). Il testo teorico di Bucharin vide la luce poco prima del 21 marzo 1921 (5), data che si suole assumere come fine del comunismo di guerra, cioè del periodo dal quale e per il quale il libro era nato. Esso orientò, comunque, ancora per diversi anni il pensiero economico sovietico presumibilmente non per le ragioni successivamente addotte (6) ma perché interprete della corrente ideologica prevalente che aveva ispirato il processo rivoluzionario e che, venute meno le tante attese rivoluzioni in Europa e costretta, quindi, in un paese economicamente arretrato, stava modificando radicalmente il proprio orientamento. Il periodo cosiddetto del comunismo di guerra si chiudeva con una situazione di quasi completa collettivizzazione dei mezzi di produzione, cioè con la premessa strutturale per una società socialista, ma con la palese incapacità di amministrarla. La produzione industriale era scesa ad un quarto o ad un quinto del livello prebellico e la carestia imperversava in vaste zone del paese. (…) Per diverso tempo l’esigenza di una gestione pianificata dell’economia rimase insoddisfatta. L’arretratezza economica, caratterizzata principalmente dalla preponderante attività agricola, svolta da circa 25 milioni di piccole unità produttive, considerevolmente aumentate rispetto all’anteguerra (16 milioni) dopo la nazionalizzazione della terra, difficilmente controllabili ed orientabili se non indirettamente attraverso rapporti di mercato con incentivi individuali, la mancanza di esperienza nella direzione delle attività nazionalizzate, la presenza di forti tendenze sindacalistiche erano, in pari tempo, causa ed effetto dell’impossibilità di passare alla gestione pianificata dell’economia che avrebbe richiesto, innanzitutto, insieme alla creazione di adeguati strumenti, la definizione di obiettivi concreti e realizzabili (10)” [Silvio Leonardi, ‘Democrazia di piano’, Torino, 1966] [(3) Simili tendenze, almeno nelle loro più spinte espressioni, sono state, notoriamente, criticate da Lenin. Egli si dichiarò in disaccordo sulla questione relativa alla scomparsa, in seguito all’eliminazione di rapporti di mercato, dell’economia come scienza e di leggi economiche obiettivamente valide. Questo particolare è stato richiamato anche da Stalin nel suo scritto ‘Problemi economici ecc.’, cit.. Vedi anche A. Kaufman, ‘The Origin of Political Economy of Socialism’, in “Soviet Studies’, Oxford, gennaio 1953: Nelle note a margine del libro di Bucharin (Zamecanija Knigi Bucharina «Ekonomika perechodnogo perioda», Leniniskij sbornik, XI, p. 349) Lenin faceva notare che anche l’economia mercantile è una forma di economia organizzata e che anche nella società comunista sarebbero esistite leggi economiche; (4) Introduzione della tassa in natura sui prodotti agricoli nella misura strettamente necessaria per coprire i bisogni delle popolazioni non agricole, libertà di scambio per la parte residua, abolizione della responsabilità collettiva per le consegne (‘Direktivy KPSS i sovetskogo pravitel’stva po chozjajstvennym vorposam’, Gosudarstvennoe izdate’stvo, Moskva, 1957, vol. I, p. 225; (5) N. Bucharin, ‘Ekonomika perechodnogo perioda’, (…) Hamburg, 1922 (trad. ted. Ökonomik der Transformationsperiode’, Verlag der Kommunistischen Internationale, Hamburg, 1922). Il libro inizia con una affermazione: «L’economia politica è la scienza dell’economia sociale che si basa sulla produzione di merci, è cioè la scienza dell’economia sociale non organizzata. Solo nella società dove la produzione e la distribuzione dei prodotti sono anarchici, si manifestano regolarità della vita sociale sotto forma di leggi naturali elementari che sono indipendenti dalla volontà dei singoli e della comunità, di leggi che si manifestano con la stessa “cieca” necessità della legge di gravità…». «Premessa necessaria per l’esistenza dell’economia politica è quindi l’economia mercantile irrimediabilmente condannata alla rovina, malgrado le trasformazioni, come quelle apportate dal capitalismo di stato e dal capitale finanziario, miranti ad un certo maggior ordine nell’attività economica. Le nazionalizzazioni sono considerate come strumento del capitalismo di Stato ed alla stessa stregua sono considerate le municipalizzazioni e simili» (N. Bucharin, trad. cit., p. 136). La pianificazione non può essere applicata alla società mercantile: «Questo sistema non è una ‘unità teleologica’ non è cioè un sistema coscientemente diretto verso un determinato obiettivo. Non esiste un simile piano. In questo caso manca anche il soggetto del processo economico. Le cose stanno in modo che in questo paese ‘non è la società che produce ma viene prodotto nella società’. Cosicché non sono gli uomini a dominare il prodotto, ma è il prodotto che domina gli uomini» (ibid., p.71). Oppure ancora, «quando la borghesia distrusse il feudalesimo… il processo economico si realizzò in modo quasi completamente elementare, poiché non era in azione né una comunità organizzata, né un soggetto di classe ma individui dispersi anche se estremamente attivi…. Il capitalismo ‘non è stato costruito’ ma si è costruito. Il socialismo, come sistema organizzato, viene invece costruito dal proletariato come organizzato processo di classe…l’epoca della costruzione del comunismo sarà quindi inevitabilmente l’epoca del lavoro pianificato ed organizzato» (ibid. p. 71). La pianificazione, per la quale non viene fatto peraltro nessun riferimento concreto alla situazione sovietica, è quindi lo strumento per la realizzazione della volontà politica dell’avanguardia proletaria che nel periodo di transizione dalla società capitalistica a quella comunista nella quale esisterà la completa libertà per la persona umana, esercita una coercizione oltre che sulle classi avverse (nell’elenco delle categorie avverse contro le quali deve essere esercitata in un primo tempo la dittatura del proletariato, gli intellettuali vengono messi con preti, speculatori, ufficiali, burocrati, imprenditori ec
c.), (ibid., p. 174), anche sulla classe operaia, nella misura in cui questa «porta con sé il marchio della società mercantile», sui contadini che non si sottomettono alla disciplina statale per il rifornimento dei prodotti necessari all’alimentazione della città. In nome della vera e non fittizia libertà della classe operaia è necessaria l’abolizione della cosiddetta libertà di lavoro. Questa infatti non è compatibile con un’economia pianificata che richiede una corrispondente distribuzione della forza lavoro (ibid. p. 181); (6) Secondo l’economista Rosenbert (“Problemy ekonomiki”, n. 6, 1936, citata da A. Kaufman, op. cit., p. 248), il successo dell’opera di Bucharin sarebbe dipeso dall’importanza politica dell’autore le cui affermazioni avrebbero assunto l’importanza di un dogma che non si riteneva opportuno contraddire. Ma molto probabilmente il Rosenberg attribuiva ad un passato, quando la discussione era ancora abbastanza libera, le caratteristiche di autoritarismo e di limitazione della libertà, che erano proprie del periodo in cui egli scriveva; (…) (10) Lenin nel suo scritto dell’aprile del 1918, ‘I compiti immediati del Governo sovietico’, in ‘Opere’, Editori Riuniti, Roma, 1965, indicava l’immediata necessità di costruire un sistema estremamente complesso e delicato di nuovi rapporti organizzativi esteso alla pianificazione della produzione e della distribuzione di beni necessari per l’esistenza di decine di milioni di uomini, ma ne individuava la principale difficoltà di realizzazione nell’«introduzione di uno stretto sistema universale di contabilità e di controllo» per cui «il centro di gravità della lotta contro la borghesia» doveva «spostarsi verso l’organizzazione di un simile sistema di contabilità e di controllo» la cui mancanza rendeva necessario ricorrere all’opera dei tecnici e dei dirigenti «borghesi» e simili. Nel programma del partito (22 marzo 1919) veniva affermata più volte la necessità di un piano nazionale ma, nello stesso tempo, si dichiarava la priorità assoluta per il rifornimento dei beni di prima necessità. Nel programma venivano trattate questioni esclusivamente generali come l’impossibilità di abolire la moneta e la necessità di mantenere una differenza di remunerazione per lavori diversi (Direktivy KPSS ecc., cit., pp 121 sgg.] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]