“Così la polemica teorica fra R. Luxemburg e i suoi critici di destra nella questione dell’accumulazione del capitale era di fatto un momento della lotta politica delle due ali del movimento operaio. Del resto l”Anticritica’, con cui R. Luxemburg risponde soprattutto a Otto Bauer, più chiaramente dell”Accumulazione [del capitale]’ risente di questo clima. Ed è tragicamente significativo che si tratti di lavoro elaborato in carcere nel 1915 ed edito solo due anni dopo l’assassinio dell’Autrice, assassinio di cui i riformisti ebbero non piccola responsabilità. Sarebbe interessante poter qui esporre gli estremi della discussione (1), ma sarebbe anche impresa fuori dei compiti di una recensione, tanto più che non è facile districarne l’arruffata matassa: infatti (come vedremo) le premesse teoriche della Luxemburg sono assai deboli, anche se poste al servizio di una buona causa. Per una questione di chiarezza, quindi, preferiamo riferirci a Lenin, anche se egli era rimasto estraneo alla specifica polemica fra la Luxemburg e i suoi critici. In effetti Lenin si era occupato della questione dei mercati e della «realizzazione» sin dal 1893, partecipando alla polemica dei marxisti russi contro i populisti e, successivamente, discutendo e criticando le posizioni dei così detti «marxisti legali» (2): si tratta di due fasi molto interessanti del suo pensiero e della politica socialdemocratica russa, la prima impegnata a mostrare la natura «progressiva» del capitalismo rispetto alle strutture economiche precapitalistiche, la seconda rivolta a combatterne le interpretazioni e gli sviluppi opportunistici. Innanzitutto, per Lenin gli schemi marxisti della riproduzione allargata non sono affatto insoddisfacenti: essi dimostrano che l’incremento della produzione capitalistica e, quindi, del mercato, non dipende tanto dai mezzi di sussistenza quanto dai mezzi di produzione. Questi ultimi aumentano più rapidamente dei primi così che, entro certi limiti, l’espansione del mercato è indipendente dall’aumento del consumo individuale; ciò non vuol dire che non esista un nesso fra consumo produttivo e consumo individuale, ma esprime lo sviluppo impetuoso delle forze produttive nella società capitalistica. Ed ecco qui il primo punto che nettamente mette in rilievo la diversità sostanziale del pensiero di Lenin rispetto alla Luxemburg. «Lo sviluppo della produzione -, scrive Lenin nel primo capitolo di ‘Lo sviluppo del capitalismo in Russia’ – (e pertanto anche del mercato interno) soprattutto in quanto concerne i mezzi di produzione, sembra paradossale ed è infatti una cosa contraddittoria. E’ una vera e propria ‘produzione per la produzione’, un ampliamento della produzione senza un corrispondente ampliamento del consumo. Ma questa non è una contraddizione della dottrina, bensì della vita reale; è precisamente una contraddizione che corrisponde alla natura stessa del capitalismo ed alle altre contraddizioni di questo sistema di economia sociale. E questo ampliamento della produzione senza corrispondente ampliamento del consumo si accorda anche molto bene con la missione storica del capitalismo e con la sua particolare struttura sociale: la prima è di sviluppare le forze produttive della società; la seconda esclude l’utilizzazione di queste conquiste tecniche da parte della massa della popolazione. Fra la tendenza all’ampliamento illimitato della produzione, propria del capitalismo, e il consumo limitato delle masse popolari (limitato a causa della loro condizione di proletari) esiste una contraddizione evidente». Un analogo concetto Lenin aveva già espresso in un suo precedente scritto ‘Le caratteristiche del romanticismo economico’ (1898), là dove critica la teoria dell’accumulazione di Sismondi (cap. V). E la Luxemburg (p. 299-300) lo cita nel capitolo dedicato al Tugan-Baranovsky, polemizzando e riportando testualmente un brano che sottolinea particolarmente la preponderanza del settore dei mezzi di produzione e che conclude quasi con le stesse parole del brano sopra riportato. Ciò che la Luxemburg non sembra comprendere è che l’affermazione di Lenin, «la produzione si crea effettivamente un mercato», non conduce affatto alle conclusioni del Tugan-Baranovsky ed al riconoscimento della validità della legge di Say. Infatti, intervenendo nella polemica fra il Tugan-Baranovsky e il Bulgakov (3), Lenin osservava che l”illimitato ampliamento del consumo produttivo, dell’accumulazione e della produzione, ha come contropartita la proletarizzazione delle masse popolari che pone limiti molto ristretti all’allargarsi del consumo personale’. Ciò implica una contraddizione che gli schemi della riproduzione allargata di Marx confermano, ‘senza peraltro autorizzare a dedurne l’impossibilità del capitalismo’. Arriviamo qui a un’ulteriore differenziazione fra Lenin e la Luxemburg: infatti, mentre per quest’ultima le crisi del capitalismo hanno la loro base nella produzione di merci che non possono essere realizzate per Lenin tale tipo di spiegazione ‘non è una spiegazione ma solo l’indicazione di una possibilità di crisi’, (e ciò vale anche per la teoria della sproporzionalità del Tugan-Baranovsky). Torniamo a citare da «Le caratteristiche del romanticismo economico» (cap. VII): «Sismondi dice: le crisi sono possibili perché il fabbricante non conosce la domanda, esse sono necessarie perché, nella produzione capitalistica, non può esistere equilibrio fra produzione e consumo (ossia non può essere realizzato il prodotto). Engels dice: le crisi sono possibili, perché il fabbricante non conosce la domanda; esse sono necessarie, ma certo non perché il prodotto non può essere realizzato, il che è sbagliato. Il prodotto può essere realizzato. Le crisi sono necessarie perché il carattere collettivo della produzione entra in contraddizione col carattere individuale dell’appropriazione». [Rodolfo Banfi, ‘Appunti sull”Accumulazione del capitale’ di Rosa Luxemburg’] [(in) ‘Rivista Storica del Socialismo’, n. 10, 1960] [(1) Sulle teorie economiche dei socialdemocratici tedeschi, si veda la traduzione italiana dell’opera di P.M. Sweezy: ‘La teoria dello sviluppo capitalistico’, Torino, Giulio Einaudi editore, 1951: esse sono però considerate soprattutto nella loro relazione teorica col ‘Capitale’ ed è trascurata quindi l’ambientazione storico-politica. (…); (2) Rinviamo ai primi quattro volumi delle ‘Opere’, Roma, Edizione Rinascita, poi Editori Riuniti, 1954-1957; (3) ‘Opere’, vol. IV, p. 55 e sgg. Nota sul problema della teoria dei mercati] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]