“Engels a Marx. 11 aprile 1851. Caro Marx, pensavo che oggi avrei finalmente finito la mia grandiosa trattazione strategica. In parte impedito dal lavorarci, in parte costretto a fare ricerche di dettaglio, in parte perché la cosa diventa più lunga di quanto pensassi, ne arriverò a capo sì e no stasera tardi. Del resto è assolutamente ‘unfit’ [inadatta] per la stampa, ma buona solo come ‘private Information’ ed una specie di esercitazione per me. Anche su Wellington comincio a poco a poco ad avere idee chiare. Un inglese ostinato, tenace, caparbio, con tutto il ‘bon-sens’ e con tutto il talento per sfruttare tutte le risorse che è proprio della sua nazione; lento nel riflettere, prudente, e che non contava mai sul caso malgrado la sua enorme fortuna; sarebbe un ‘genie’, se il ‘common sense’ non fosse incapace di elevarsi fino alle vette del genio. Tutte le sue imprese sono dei modelli, nessuna è un capolavoro. Un generale come lui, è proprio fatto apposta per l’esercito inglese, in cui ogni soldato, ogni sottotenente è un piccolo Wellington nel suo campo d’azione. E lui conosce il suo esercito, la sua ‘doggedness’ [ostinatezza] difensiva, che ogni inglese porta in sé dalla boxe, e che lo mette in condizione di fare ancora un attacco imponente, nel quale la scarsa vivacità viene compensata dalla uniformità e dalla costanza, dopo otto ore di una estenuante difesa. Nella difesa di Waterloo, fino all’arrivo dei prussiani, nessun esercito avrebbe resistito senza il nerbo di 35.000 inglesi. Del resto nella guerra spagnuola Wellington aveva conosciuto l’arte militare di Napoleone meglio che le nazioni a cui Napoleone aveva scritto sul dorso la propria superiorità in quest’arte militare. Mentre gli austriaci perdettero del tutto la testa, e i prussiani, poiché il loro intelletto ‘n’y voyait que du feu’, dichiararono che la stupidità e la genialità erano la stessa cosa, Wellington seppe comportarsi molto accortamente e guardarsi dagli errori che fecero gli austriaci e i prussiani. Non imitò nessuna manovra napoleonica, ma rese infinitamente difficile ai francesi di applicare con lui le loro manovre. Non fece nemmeno un errore, se non fu costretto a farne per riguardi politici; ma in cambio non ho ancora scoperto la minima cosa in cui lui abbia mostrato una sola scintilla di genio. Lo stesso Napier gli mostra occasioni in cui avrebbe potuto fare mosse geniali di effetto decisivo e non ci pensò. Non ha mai saputo – per quanto sia a mia conoscenza – sfruttare una simile occasione. E’ grande nel suo genere, e precisamente tanto grande quanto lo si può essere senza cessare di essere mediocre. Ha tutte le qualità del soldato, esse sono tutte sviluppate ugualmente e in modo stranamente armonico; ma proprio questa armonia impedisce uno sviluppo veramente geniale a ciascuna di queste qualità. ‘Tel soldat, tei politique’. Il suo amico del cuore in politica, Peel, è in certo qual modo il suo cliché (…)'”  [LEGGERE IN: Karl Marx, Friedrich Engels, ‘Carteggio Marx-Engels. I (1844-1851)’, Roma, 1950] [MAED-368 (pag 219-220)] [ISC Newsletter N° 80] ISCNS80DIGIT Tutte le sue imprese sono dei modelli, nessuna è un capolavoro