“Nel pensiero politico di Proudhon si riscontra una evoluzione di atteggiamenti nei riguardi dello Stato e della sua fede di anarchismo da ‘Qu’est-ce que la propriété’ (1840) alle ‘Confessions d’un révolutionnaire’ (1849), dall’ ‘Idée générale de la revolution an XIX siècle’ (1851) a ‘De la justice’ (1858) e a ‘Du principe fédèratif’ (1863). Egli critica il vecchio Stato, dominio eminente nelle pubbliche attività, residuo della forma giacobina del potere, per passare lentamente al concetto di potere come forza collettiva, realtà pluralistica, tramite il federalismo fautore di libertà e di uguaglianza. Il concetto di Stato dominatore à collegato alle varie forme di militarismo, come già aveva dimostrato Saint-Simon: per Proudhon, nella metafisica della società, il nuovo Stato è collegato alla totalità dei «gruppi naturali» fondate su principi di solidarietà, sulla sovranità dei gruppi, non sulla sovranità statuale. Per rivendicare tale concezione, Proudhon oppone alla fatalità dei sistemi, che tendono all’oligarchia della organizzazione, la spontaneità dell’azione sempre risorgente e determinatrice di esigenze nuove che rinnovano il tessuto sociale. Questa concezione è in rapporto alla valutazione della “forza collettiva” che Proudhon sviluppa ampiamente prima di Marx. Egli limita o tende a limitare Rousseau e il principio del contratto sociale, del contratto politico fondamento della vita collettiva, che conduce all’inazione, alla non libertà dei cittadini (1). Egli critica anche le varie correnti democratiche che parlano di rivoluzione sociale da raggiungere attraverso la rivoluzione politica. La concezione di Proudhon è collegata alla sua critica della proprietà assoluta, che subordina i non possidenti ai possidenti: teoria, questa, in cui culmina lo stesso liberalismo «proprietario» e la concezione borghese del diritto; perciò al principio di subordinazione di cittadini a cittadini si deve sostituire quello di coordinazione, tramite l’organizzazione del lavoro. Il capitalismo, considerato a sé stante, è uno sviluppo del principio di subordinazione che conduce al conflitto permanente con le forze del lavoro; nella sua fase anarchica Proudhon assimila il capitalismo alla forza accentratrice dello Stato. Dal 1848 in poi egli svolge la critica alla democrazia, in quanto il suffragio universale non modifica la situazione economica né trasforma la realtà sociale, ma instaura nuovi gruppi egemonici” (pag 71-72) [Giuseppe Santonastaso, ‘La concezione federalistica di Proudhon’, Nuova Antologia, Roma, n. 2085, settembre 1974] [(1) S. Rota Ghibaudi, ‘Proudhon e Rousseau’, Milano, 1965]