“(…) Per quanto riguarda lo ‘Zentralblatt’, quell’uomo fa la concessione più ampia possibile, concedendo che bisogna ammettere le mie conclusioni, qualora alla parola valore si connetta comunque un pensiero. Quel disgraziato non vede che l’analisi dei rapporti reali, data da me, conterrebbe la prova e la dimostrazione del reale rapporto di valore, anche se nel mio libro non vi fosse nessun capitolo sul «valore». Il cianciare sulla necessità di dimostrare il concetto di valore è fondato solo sulla più completa ignoranza, sia della cosa di cui si tratta, sia del metodo della scienza. Che sospendendo il lavoro, non dico per un anno, ma solo per un paio di settimane, ogni nazione creperebbe, è una cosa che ogni bambino sa. E ogni bambino sa pure che le quantità di prodotti, corrispondenti ai diversi bisogni, richiedono quantità diverse, e qualitativamente definite, del lavoro sociale complessivo. Che questa ‘necessità’ della ‘distribuzione’ del lavoro sociale in proporzioni definite, non è affatto annullata dalla ‘forma definita’ della produzione sociale, ma solo può cambiare il ‘suo modo di apparire’, è ‘self evident’ (1). Le leggi della natura non possono mai essere annullate. Ciò che può mutare in condizioni storiche diverse non è che la ‘forma’ con cui quelle leggi si impongono. E la forma in cui questa distribuzione proporzionale del lavoro si afferma, in una data situazione sociale nella quale la connessione del lavoro sociale si fa valere come ‘scambio’ privato dei prodotti individuali del lavoro, è appunto il ‘valore di scambio’ di questi prodotti. La scienza consiste appunto in questo: svolgere ‘come’ la legge del valore si impone. Se dunque si volessero «spiegare» a priori tutti i fenomeni apparentemente contrastanti con la legge, bisognerebbe dare la scienza ‘prima’ della scienza. E’ appunto l’errore di Ricardo di presupporre, nel suo primo capitolo sul valore, ‘come date’ tutte le categorie possibili che ci dovranno essere sviluppate, allo scopo di comprovare la conformità alla legge del valore. E’ vero d’altra parte che ‘la storia della teoria’ comprova, come lei giustamente ha supposto, che la concezione del rapporto di valore era ‘sempre la medesima’, più o meno chiara, più guarnita di illusioni, o scientificamente più definita. Siccome il processo stesso del pensare nasce dalle condizioni ed è esso stesso un ‘processo della natura’, il pensare veramente intelligente può essere soltanto sempre lo stesso, e si può distinguere solo gradualmente, secondo la maturità dello sviluppo, e dunque anche dell’organo con cui si pensa. Tutto il resto son ciance. (…)” [dalla lettera di Karl Marx a Ludwig Kugelmann, 11 luglio 1868] [(in) Karl Marx, ‘Lettere a Kugelmann’, Roma, 1950, prefazione di V.I. Lenin] [(1) Di per sé evidente]