“Un ulteriore passo in avanti verso una più completa acquisizione del marxismo si può vedere nello scritto ‘La teoria economica di Karlo-Jagetzow’, composto di tre parti: le prime due furono scritte verso la fine del 1881 e l’ultima alla fine del 1882. Nei due primi articoli Plechanov mette quasi sulla stessa linea Rodbertus con Marx. Nella terza parte, dopo lo studio e la traduzione del ‘Manifesto’ egli critica risolutamente Rodbertus specialmente per quanto riguarda il concetto di capitale e l’insegnamento sulle crisi economiche. Non considera più Rodbertus un socialista e lo definisce  «un possidente che vuole utilizzare il movimento operaio, fra l’altro, nell’interesse dei proprietari fondiari» (73). Questi lavori di carattere economico, scritti con l’aiuto materiale e morale di Lavrov, e pubblicati sui giornali legali con uno pseudonimo, permisero al Plechanov di risolvere i più impellenti problemi finanziari che lo assillavano. Giungiamo così al momento culminante e decisivo della sua evoluzione dal populismo al marxismo: «Personalmente posso dire che la lettura del Manifesto comunista rappresenta un’epoca della mia vita. Fui ispirato dal Manifesto – affermò Plechanov nel 1909 sul ‘Vorwärts’ – e subito decisi di tradurlo in russo» (74). La traduzione del ‘Manifesto’ non avvenne a Parigi ma vicino a Clarens. Egli infatti voleva riavvicinarsi alla famiglia e ai suoi compagni di lotta. Vedremo in seguito quanto più rapidamente si fosse sviluppata in generale la personalità di Plechanov nell’anno trascorso a Parigi rispetto ai suoi amici rimasti a Ginevra. Dalla fine del 1881 l’attenzione di Plechanov è ormai fissata sullo sviluppo del movimento operaio russo. (…) Ritornando al ‘Manifesto’ e alla traduzione che Plechanov faceva lentamente ma diligentemente e chiarendo definitivamente le proprie idee, è necessario sottolineare che essa fu pronta solo nella primavera del 1882. A Plechanov appartiene il merito non solo dell’iniziativa della traduzione ma anche di aver chiesto una prefazione speciale per il lettore da parte di Marx e Engels (78). Lavrov a questo proposito era restio perché aveva appreso della morte di Jenny Marx. L’insistenza di Plechanov la spuntò: Lavrov scrisse a Marx. Quest’ultimo rispose a Lavrov il 23 gennaio 1882 allegando alla lettera «alcune righe». In queste righe fra l’altro era scritto che «la Russia rappresenta un reparto di avanguardia del movimento rivoluzionario europeo» (79). La pubblicazione del ‘Manifesto’ fu accompagnata da una serie di allegati (80) fra cui «Alcune parole del traduttore». In questo scritto Plechanov intervenne contro la concezione della lotta politica, predominante allora in Russia, intesa come un complotto. Contemporaneamente si schierò anche contro la concezione liberale sui compiti della lotta politica. Questo scritto e la prefazione al ‘Manifesto’ dimostrano che oramai Plechanov ha compiuto un passo decisivo verso il marxismo. Il ‘Manifesto’ riesce finalmente a conciliare tutte le molteplici esperienze rivoluzionarie di Plechanov, tutte le contraddizioni che erano sorte sia nel pensiero sia nell’azione quotidiana. L’accettazione di una concezione marxista da parte di Plechanov rappresenta una rottura radicale con tutto il precedente pensiero rivoluzionario russo. Da ora in poi il ‘Capitale’ di Marx sarà il «letto di procuste» per i dirigenti rivoluzionari russi. In ultima analisi, fa fallimento una volta di più l’idea del «popolo eletto» chiamato a riscoprire il «paradiso perduto», per tutta l’umanità. Egli riuscì così a superare i pregiudizi rivoluzionari dell”intelligencija’ russa che avevano complesse radici secolari. Si potrebbe concludere con un paradosso di Trotsky: Plechanov «nazionalizzò» la teoria marxista, e perciò «snazionalizzò il pensiero rivoluzionario russo»” [Renato Risaliti, ‘G.V. Plechanov da populista a marxista’, ‘Critica storica’, Roma, n. 4 1969] [(73) ‘Dela i Dni’, op. cit., pp. 86-87. Con questi articoli Plechanov incominciò ad acquistarsi sia in patria che all’estero fama di economista illustre che non lo lascerà pioù. Si veda in proposito “Critica sociale”, 1891, n. 5, p. 73 che lo presenta ai suoi lettori con queste parole: Giorgio Plechanov, l’illustre russo rifugiato a Ginevra, riconosciuto dagli stessi avversari come il più geniale economista russo dopo il Cernysevskij; (74) Plechanov, XXIV, pp. 178-179; (78) ‘Dea i Dni’, op. cit., p. 89 (la lettera di Plechanov a Lavrov è senza data, ma con tutta probabilità è stata scritta alla fine di dicembre del 1881, inizio di gennaio 1882); (79) Ibidem, e Marx e Engels, XIX, p. 305 (II ed. russa); (80) Polevoj, op. cit, p. 156]