“Quello che a Lenin importa affermare è che non vi è passaggio spontaneo dalla lotta economica e sindacale alla lotta politica, alla coscienza di classe. Che il passaggio da un livello all’altro non è continuo e lineare. “La storia di tutti i paesi attesta che la classe operaia, con le sole sue forze, è in grado di elaborare soltanto una coscienza tradeunionista, cioè la convinzione della necessità di unirsi in sindacati, di condurre la lotta contro i padroni, di reclamare dal governo questa o quella legge necessaria agli operai, eccetera” (1). Sostanzialmente diverso è perciò il giudizio che Lenin esprime sugli scioperi degli anni 1890-1900 in Russia rispetto a quello degli economisti. Se ‘Rabocaja Mysl’ – nell’articolo già citato (2) – scrive: “gli scioperi del 1896 possono essere considerati la prima e per ora unica manifestazione di un pensiero operaio autonomo incarnato in forme rigorose  (…)” (3) – Lenin afferma invece: “presi in sé, questi scioperi costituivano una lotta tradeunionista, ma non ancora socialdemocratica; annunciavano il risveglio dell’antagonismo fra operai e padroni; ma gli operai non avevano e non potevano avere ancora la coscienza dell’irriducibile antagonismo tra i loro interessi e tutto l’ordinamento politico e sociale contemporaneo, cioè la coscienza socialista. Gli scioperi della fine del secolo dunque, malgrado il progresso immenso che rappresentavano in confronto con le “rivolte” anteriori, restavano un movimento puramente spontaneo (4)”. La coscienza dell'”irriducibile antagonismo” tra gli interessi del proletariato e tutto l’ordinamento politico e sociale capitalistico esige, per Lenin, una visione complessiva dei rapporti di produzione, dei rapporti tra le classi sociali, tra la base economica e le istituzioni statali e politiche, a cui si può attingere solo a livello della scienza: quella scienza che ci è offerta dal marxismo. Fuori dalla nozione di formazione economico-sociale – diceva Lenin in ‘Chi sono gli amici del popolo’ – fuori dall’acquisizione che non vi sono leggi “eterne” dell’economia e che il divenire della società non è un flusso ininterrotto e casuale, ma si scandisce in formazioni economico-sociali differenti, caratterizzate ciascuna dal prevalere di un modo di produzione, da leggi economiche specifiche – quali sono appunto  le leggi del capitalismo che Marx definisce nel ‘Capitale’ -, non è possibile una visione scientifica della società e quindi una reale coscienza dell’irriducibile antagonismo tra classe operaia e capitalismo” [Luciano Gruppi, Lenin e la teoria del partito rivoluzionario della classe operaia, (in) ‘Annali’ Feltrinelli anno XV 1973, edizione 1974] [(1) Lenin, Opere, cit, vol. V, p. 346; (2) Articolo programmatico del n. 1 di Rabocaja Mysl, ottobre 1897, in Lenin, Che fare?, Torino, 1971, p. 226; (3) Lenin, Che fare?, cit., p. 225; (4) Lenin, Opere, cit., vol V, pp 345-46] [Lenin-Bibliographical-Materials]   [LBM*]