“Per quanto rapido sia lo sviluppo delle organizzazioni operaie, esse non arriveranno mai a comprendere tutti gli operai. «Il movimento operaio, secondo ogni probabilità, non si estenderà mai oltre quel che si poté chiamare l’aristocrazia della classe operaia» dice Bernstein in una appendice all’edizione tedesca della «Storia del Trade-Unionismo» di Webb, p. 448): opinione alla quale noi sottoscriviamo pienamente, del pari che a quest’altra, della stessa pagina: «sarebbe utopia, per la classe operaia, od anche solo qualche serio miglioramento della propria condizione mediante la esclusiva azione della organizzazione operaia». Nel 1892 il Webb e la sua signora valutarono a un milione e mezzo il numero degli operai organizzati nella Gran Bretagna e in Irlanda mentre che l’industria occupa in codesti paesi 17 milioni di persone di cui almeno 10.000.000 di salariati. Dunque, in codesta terra promessa delle «Trade Union» l’immensa maggioranza dei salariati non è ancora organizzata. Ma se l’organizzazione in sindacati procaccia innegabili vantaggi agli operai organizzati, senza contribuire a migliorare la condizione della massa degli operai, essa ha necessariamente per conseguenza di accentuare la differenza sociale tra gli organizzati e i non organizzati, e di fare dei primi una classe di privilegiati superiori agli altri. Inoltre, se si tien conto delle concessioni fatte dalla borghesia a codesti operai privilegiati, si comprende agevolmente che essi propongano i loro interessi professionali a quelli della loro classe, da essi ritenuti inferiori, che si mostrino perfino ostili al movimento di classe del proletariato, se la borghesia fa loro sentire che codesta agitazione di classe può compromettere il loro movimento di organizzazione, alienando le simpatie borghesi. Da un altro lato, la parte più intelligente della borghesia sarà tanto più disposta a fare delle concessioni a codesta aristocrazia operaia quanto più essa si occuperà esclusivamente dei suoi interessi professionali e quanto più si manifesterà  con sempre maggiore evidenza la impossibilità di arrestare l’ascensione della classe lavoratrice col perseguitare le sue organizzazioni. Se il proletariato non si lascia più trattenere dalla violenza, non v’è che da opporgli la politica ‘divide et impera’; si cercherà di dividerlo per dominarlo, e codesto risultato, in talune circostanze storiche, si otterrà colla più grande facilità, favorendo le organizzazioni professionali dell’aristocrazia operaia. D’altronde, tutto ciò è risaputo da tempo; basta richiamarlo brevemente qui. E’ dunque assai naturale il credere che, se in questo momento si aspira in Germania a render neutre le organizzazioni operaie, ciò avviene sotto l’azione delle medesime cause che hanno dato al vecchio «unionismo» inglese un carattere così particolare. Ecco i principali elementi di codesta evoluzione. Noi eravamo sin d’allora in un periodo di prosperità che dura da qualche tempo, i sindacati si sviluppano in Germania in modo prodigioso e non mancano delle classi borghesi che offrono loro dei vantaggi, ritenendo che basti importare in Germania la moda inglese per far subire al movimento di classe proletario, al partito socialista, la sorte del «chartismo» inglese, o almeno per castrare il nostro partito e trasformarlo in un partito di riforme democratiche nel genere del radicalismo inglese. Non mancano le proteste d’amore di codesti riformatori borghesi, da Berlepsch a Sombart, né tanto meno i tentativi sedicenti scientifici per dimostrare una volta di più che la teoria della lotta di classe, il Marxismo è morto, ben morto e sotterrato” [Karl Kautsky, ‘La politica e le organizzazioni operaie’, Genova, 1903]