“In Hegel la ‘dialettica’ coincide con la ‘metafisica’; in noi, la ‘dialettica’, si regge sulla dottrina della ‘natura’. In Hegel, il demiurgo della realtà – per servirci della espressione di Marx – era l’ ‘idea assoluta’. Per noi, l’idea assoluta non è che l”astrazione del movimento’, dal quale sono provocate tutte le ‘combinazioni’ e tutti gli ‘stati della materia’. Secondo Hegel, il pensiero progredisce grazie alla scoperta ed alla soluzione delle ‘contraddizioni’ contenute nei ‘concetti’. Conformemente alla nostra teoria materialista, le contraddizioni contenute nei concetti non sono che il riflesso, la ‘traduzione nel linguaggio del pensiero’ delle contraddizioni che risiedono nei fenomeni, come conseguenza della natura contraddittoria del ‘movimento’, loro base comune. Secondo Hegel il corso delle cose è determinato dal corso delle idee; secondo noi il ‘corso delle cose, il corso del pensiero col corso della vita’. Il materialismo pone la dialettica «sui piedi» e, con ciò, le toglie quel velo mistico nel quale Hegel l’aveva avviluppata. Ma, con ciò, mostra il ‘carattere rivoluzionario’ della dialettica. «Sotto la sua forma mistica – dice Marx – la dialettica divenne una moda tedesca, perché sembrava che cingesse di una aureola lo stato di cose esistente. «Nella sua forma razionale, la dialettica non è, agli occhi della borghesia e dei suoi portaparola dottrinali, che scandalo ed orrore, perché, assieme al lato della comprensione positiva di ciò che esiste, essa contiene nel tempo stesso la comprensione della negazione, della rovina necessaria dello stato di cose esistente; perché essa concepisce ogni forma nel flusso del movimento, e, quindi, sotto il suo aspetto transitorio; perché non si inchina davanti a niente ed è per sua essenza, critica e rivoluzionaria» (*). Che la borghesia, pregna di spirito reazionario, consideri con orrore la dialettica materialista, è nell’ordine normale delle cose. Ma che dei sinceri simpatizzanti col movimento rivoluzionario se ne allontanino, è una cosa ridicola ed estremamente triste: è il non ‘plus ultra’ dell’assurdo. (…) Volete sapere come la dialettica ha conquistato i suoi diritti nella biologia? Rammentate le discussioni sulla ‘specie’ sollevate dalla teoria dell’evoluzione. Darwin ed i suoi seguaci affermavano che le differenti specie di una sola e stessa famiglia di animali o di piante non sono altro che i discendenti differenziati di una stessa forma primitiva. Inoltre, secondo la teoria dell’evoluzione, tutti i generi di uno stesso ordine provengono egualmente da una forma primordiale, e bisogna dire altrettanto di tutti gli ordini di una stessa classe. Secondo l’opposta opinione – quella degli avversari di Darwin, – tutte le specie di animali o vegetali sono completamente indipendenti l’una dall’altra e soltanto gli individui appartenenti ad una stessa specie provengono da una forma comune. La stessa concezione della specie era stata espressa da Linneo in questi termini: «esistono tante specie, quante ne ha create primitivamente l’Essere Supremo». E’, questa, una concezione puramente metafisica; perché il metafisico considera le cose ed i concetti come «oggetti distinti, immutabili, rigidi, dati una volta per sempre; e da esaminare l’uno dopo l’altro, e l’uno indipendentemente dall’altro» (Engels). Il dialettico, secondo Engels, considera invece, le cose ed i concetti «nella loro connessione, nel loro concatenarsi, nel loro movimento, nel loro avvento e nella loro scomparsa»” [Vitalij Ivanovic Cerkesov, ‘Logica e marxismo in Unione Sovietica’, Bari, 1976] [(*) Vedere la prefazione alla seconda ed. tedesca del vol. I del ‘Capitale’]