“Nell’Europa orientale l’antigiudaismo tradizionale che, ancora agli inizi del nostro secolo, conduceva ai pogrom, ebbe vasti consensi fino ai giorni nostri (1). Soltanto i governi comunisti gli hanno conferito, nell’antisionismo, una motivazione di nuovo tipo, richiamandosi a Marx e a Lenin in quanto ambedue ritenevano l’idea di un popolo ebraico particolare non scientifica e reazionaria. Nessuno de due pensava, tuttavia, di privare gli ebrei dei loro diritti come avviene oggi nell’Unione Sovietica e in Polonia. Marx non lo pensava, se non altro perché credeva che la questione ebraica fosse soltanto «un problema dei mali economici generali» con il superamento dei quali sarebbero scomparse sia la religione ebraica sia quella cristiana e, con ciò, anche il conflitto tra le due (2). Nell’Europa occidentale e centrale l’illuminismo ha dato inizio all’emancipazione degli ebrei, le cui varie tappe possono riassumersi con accenni a Giuseppe II, alla Rivoluzione Francese ed a Napoleone, poi alla rivoluzione del 1848 e al liberalismo borghese che ne fu la base. In Germania la conclusione giuridica di questo processo fu la legge sull’emancipazione promulgata il 3 luglio 1869, elemento centrale di una legislazione moderna, volentieri trascurata da una critica globale troppo alla moda nella più recente storiografia, dell’era bismarckiana, che il Reichstag della Germania del Nord (dal 1871 Reichstag tedesco) aveva emanato nel suo primo decennio, condizionato dalla parziale alleanza del cancelliere con i nazional-liberali (3). Da allora, l’antigiudaismo rimase sempre più circoscritto agli ambienti antiilluministi, conservatori e reazionari. Lo si trova, infatti, benché a lungo in posizione marginale, nelle ideologie restauratrici che cercavano di creare o di mantenere un’alternativa al progresso iniziatosi con la Rivoluzione Francese, nell’area tedesca, sia nel conservatismo protestante-prussiano sia in quello cattolico della Germania meridionale. Ambedue prendevano le loro distanze dagli ebrei, che venivano classificati, da una parte, come liberi pensatori e nemici del cristianesimo, dall’altra, come portatori o promotori del capitalismo e dello sfruttamento” [Rudolf Lill, ‘Gli inizi dell’antisemitismo nella Germania bismarckiana’, ‘Storia contemporeanea’, Bologna, n. 3 settembre 1977] [(1) ‘Kirche und Synagoge. Handbuch zur Geschichte von Christen und Juden’, Darstellung mit Quellen, a cura di Karl H. Rengstorf und Siegfried von Kortzfleisch, II, Stuttgart, 1970 (…); (2) Cfr. soprattutto K. Marx, ‘Zur Judenfrage’: Karl Marx Friedrich Engels, ‘Werke’, I (1957) pp. 347-378; nonché le prese di posizione di Engels contro Stöcker: ibidem, XXXV (1967), p. 170, p. 428. Cfr. anche il capitolo 4 del libro di Mohrmann citato in nota 21: W. Mohrmann, ‘Antisemitismus. Ideologie und Geschichte im Kaiserreich und in der Weimarer Republik, Berlin, 1972]
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- Articolo pubblicato:1 Febbraio 2017