“E’ importante sottolineare che tali fenomeni [i fatti economici così del presente come del passato … e altri fenomeni di rilievo o tendenze di carattere storico che lo studio dello sviluppo capitalistico nel passato rivelavano a Marx], nel complesso, venivano da Marx considerati né più né meno come i ‘dati’ del suo problema. Come risulta da un esame anche superficiale dei ‘Manoscritti economico-filosofici del 1844’ (2), Marx aveva già posto i fatti in questione al vertice della sua scala di rilevanza molto prima di elaborare gli strumenti atti ad analizzarli. Lo stadio successivo – da un punto di vista concettuale almeno, se non cronologico – fu lo sviluppo da parte di Marx del suo metodo ‘generale’ di analisi, che risultò intimamente legato alla sua visione del processo economico. Tre aspetti di tale metodo meritano di essere qui considerati. Primo. Marx aveva incominciato, come notò Lenin, «separando da tutti i rapporti sociali “i rapporti di produzione”, come rapporti fondamentali, primordiali, che determinano tutti gli altri» (3). Nel ‘Capitale’, là dove Marx spiega di voler considerare «una delle formazioni economico-sociali, il sistema della produzione di merci», l’analisi è «ai soli rapporti di produzione tra i membri della società: Marx, senza mai ricorrere, per spiegare la cosa, a un qualsiasi elemento che si trovi al di fuori di questi rapporti di produzione, dà la possibilità di vedere come si evolva l’organizzazione mercantile dell’economia sociale, come essa si trasforma in organizzazione mercantile dell’economia sociale, come essa si trasforma in organizzazione capitalistica, creando le classi antagonistiche… della borghesia e del proletariato, come essa accresca la produttività del lavoro sociale e, con ciò stesso, introduca un elemento che entra in contraddizione inconciliabile con le basi di questa stessa organizzazione capitalistica» (4). Nel contesto dato dalla particolare sfera di indagine in cui si iscrive il ‘Capitale’, è evidente che i «rapporti di produzione» debbano intendersi come comprensivi non solo dell’insieme specifico dei rapporti di subordinazione o di cooperazione entro i quali si realizza la produzione di merci in ciascuna particolare fase del suo sviluppo storico (ad esempio nella fase capitalistica), ma anche, in senso più largo, del fondamentale rapporto fra gli uomini come produttori di merci, rapporto presente nel corso dell’intero periodo della produzione di merci (5). Secondo. Muovendosi dentro le linee dell’impostazione metodologica ora descritta e in stretto legame con essa, Marx elaborò un metodo di indagine assolutamente personale – lo si potrebbe definire metodo «logico-storico» – che fu uno dei frutti più interessanti e significativi dei suoi primi studi hegeliani (6). La descrizione che ne ha dato Engels, in una recensione del 1859 a ‘Per la critica dell’economia politica’, resta tuttora insuperata, e il seguente passo può essere riportato senza bisogno di commento: «La critica dell’economia…poteva… essere intrapresa in due modi: storicamente o logicamente. Poiché nella storia, come nel suo riflesso letterario, l’evoluzione va pure, in sostanza, dai rapporti più semplici ai rapporti più complicati, lo sviluppo storico-letterario dell’economia politica offriva un filo conduttore naturale a cui la critica poteva aggrapparsi, e in sostanza le categorie economiche sarebbero apparse anche in questo caso nello stesso ordine che nello sviluppo logico. Questa forma offre il vantaggio evidente di una maggiore chiarezza, poiché viene seguita l’evoluzione ‘reale’, ma in verità essa si ridurrebbe tutt’al più a una esposizione più popolare. La storia procede spesso a salti e a zig-zag e si sarebbe dovuto tenerle dietro dappertutto, il che avrebbe obbligato non solo a inserire molto materiale di poca importanza, ma anche a interrompere spesso il corso delle idee. Inoltre non si può scrivere la storia dell’economia senza quella della società borghese, e il lavoro non sarebbe mai arrivato alla fine perché mancano tutti i lavori preparatori. Il modo logico di trattare la questione era dunque il solo adatto. Questo non è però altro che il modo storico, unicamente spogliato della forma storica e degli elementi occasionali perturbatori. Nel modo come incomincia la storia, così deve pur incominciare la concatenazione concettuale, e il suo corso ulteriore non sarà altro che il riflesso, in forma astratta e teoricamente conseguente, del corso della storia; un riflesso corretto, ma corretto secondo leggi che il corso stesso della storia fornisce, poiché ogni momento può essere considerato in quel punto del suo sviluppo in cui ha raggiunto la sua piena maturità, la sua classicità» (7). Questo fu dunque un altro importante aspetto del metodo generale di analisi adottato da Marx. Non v’è dubbio che tale procedimento «logico-storico» sia stato da Marx portato talvolta al limite (per ragioni che egli stesso in parte ha spiegato nel ‘Poscritto’ alla seconda edizione tedesca del ‘Capitale’) (8), ma nelle sue mani esso si è dimostrato nel complesso assai fruttuoso. Particolare importanza ha avuto, come vedremo, in rapporto alla teoria del valore così come è sviluppata nel ‘Capitale’. In terzo luogo, e in stretta connessione con gli altri due aspetti appena esaminati, è da considerare l’importante nozione secondo la quale, volendo analizzare il capitalismo in termini di rapporti di produzione, il modo migliore per farlo era di immaginare il capitalismo nel momento in cui fosse venuto improvvisamente e violentemente ad urtare contro una sorta di generalizzata società precapitalistica, nella quale non vi fossero ancora classi separate di capitalisti o di proprietari terrieri. Ciò che bisognava fare, in altre parole, era cominciare col postulare una società in cui, quantunque la produzione di merci e la libera concorrenza per ipotesi data regnassero più o meno incontrastate, i lavoratori fossero tuttavia padroni dell’intero prodotto del loro lavoro. Una volta investigate le leggi semplici che regolerebbero produzione, scambio e distribuzione in una società di questo tipo, bisognava a questo punto immaginare l’urto improvviso del capitalismo contro tale società. In che modo questo urto avrebbe modificato le leggi economiche che avevano operato fino a quel momento e perché? Rispondere convenientemente a tali domande significava, per Marx, essere sulla buona strada per scoprire la vera essenza del modo di produzione capitalistico. Adottando questo tipo di impostazione metodologica certamente Marx seguiva, portandola avanti, una lunga e rispettabile tradizione che era stata fondata da Smith e Ricardo” [Ronald L. Meek, Scienza economica e ideologia’, Roma Bari, 1969] [(2) Una edizione in lingua inglese dei ‘Manoscritti’ è stata pubblicata dalle Edizioni in lingue estere di Mosca, nel 1959. [In italiano esistono due edizioni, rispettivamente, Einaudi, Torino 1968 e Editori Riuniti, Roma, 1950 (quest’ultima in K. Marx, ‘Opere filosofiche giovanili’]; (3) V.I. Lenin, ‘Che cosa sono gli amici del popolo’, in ‘Opere complete’, vol. I, Roma, 1954, p. 132; (4) Ivi, p. 136. Lenin aggiunge che Marx, «pur spiegando la struttura e l’evoluzione di una data formazione sociale esclusivamente con i rapporti di produzione…investigò ciò nondimeno sempre e dappertutto le sovrastrutture corrispondenti a questi rapporti di produzione e rivestì lo scheletro di carne e sangue» (ivi); (5) «Produzione di merci» in senso marxista significa grosso modo produzione di beni per lo scambio su un certo mercato da parte di produttori singoli o di gruppi di produttori che svolgono la propria attività più o meno separatamente gli uni dagli altri; (6) Cfr. infra, pp. 98-9; (7) F. Engels, ‘Per la critica dell’economia politica’ (recensione), in K. Marx, ‘Per la critica dell’economia politica’, trad. it. di E. Cantimori Mezzomonti, Roma, 1957, pp. 205-6; (8) K. Marx, ‘Il Capitale’, Libro I, trad. it. di Delio Cantimori, Roma, 1964, pp. 43-4] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]