“Va tuttavia rilevato che, per Gramsci, il «principio teorico-pratico» di «egemonia» non ha soltanto validità come canone di interpretazione storica e di strategia politica, ma ha «portata gnoseologica» (34), in conseguenza del fatto che, secondo Marx, «gli uomini prendono coscienza dei conflitti economici nel terreno delle ideologie», e che pertanto struttura e sovrastruttura costituiscono un insieme interdipendente (35)” (pag 385-386) [(34) Parafraso le note della «rubrica» «Introduzione allo studio della filosofia» del ‘Quaderno 4 (1930-1932)’, pp. 464-465 e del ‘Quaderno 10 (1932-1935)’, pp. 1249-1250, dedicata a Lenin. L’edizione critica a cura di V. Gerratana rimanda a un importante passo della lettera di Gramsci alla cognata Tatiana del 2 maggio 1932 (‘Lettere dal carcere’ ed. cit., p. 616). Qui Gramsci obietta a Croce di non avere inteso il significato dell’apporto di Lenin al pensiero marxista: «È avvenuto proprio che nello stesso periodo in cui il Croce elaborava questa sua sedicente clava [contro il marxismo], la filosofia della praxis, nei suoi più grandi teorici moderni, veniva elaborata nello stesso senso e il momento dell'”egemonia” o della direzione culturale era appunto sistematicamente rivalutato in opposizione alle concezioni meccanicistiche e fatalistiche dell’economismo. È stato anzi possibile affermare che il tratto essenziale della più moderna filosofia della praxis consiste appunto nel concetto storico-politico di “egemonia”»; (15) Il passo di Marx cui Gramsci fa riferimento qui e altre volte è tratto dalla «Prefazione» a ‘Per la critica dell’economia politica’, e suona, nella traduzione utilizzata da Gramsci: «Dal cambiamento della base economica risulta, presto o tardi, uno sconvolgimento di tutta la enorme soprastruttura. Quando si fa l’esame di tali rivoluzioni, occorre sempre distinguere il rivolgimento materiale – che può essere accertato con la precisione propria delle scienze naturali – nelle condizioni economiche della produzione – dallo sconvolgimento delle forme giuridiche, politiche, religiose, artistiche o filosofiche, ideologiche insomma, nelle quali gli uomini prendono coscienza del conflitto e nel cui ambito lottano tra loro». Il passo è stato tradotto da Gramsci nei suoi esercizi di traduzione. V. ‘Quaderni del carcere’, ed. critica cit., Appendice, pp. 2358-2360] [Giovanni Spinella, ‘I «Quaderni del carcere» di A. Gramsci’] [(in) AaVv, ‘Storia della società italiana. Parte quinta. Volume XXIII. La società italiana dalla Resistenza alla guerra fredda’, Teti editore, Milano, 1989]