“Già negli anni che precedettero la prima guerra mondiale venne discussa tra i socialisti e i pacifisti europei la parola d’ordine degli «Stati Uniti d’Europa». Negli anni della guerra, questa formula continuò a essere sostenuta da Kautsky, e anche Trotsky si disse favorevole a questa soluzione. Per un certo periodo gli stessi bolscevichi sostennero questa parola d’ordine, dichiarandosi favorevoli agli «Stati Uniti repubblicani d’Europa», cioè a favore del rovesciamento delle monarchie germanica, russa e austriaca. Dopo molte discussioni, alla Conferenza delle sezioni straniere del Posdr e nella redazione del giornale «Sozial-demokrat», i bolscevichi deliberarono, per iniziativa di Lenin, di rinunciare a questa parola d’ordine, poiché essa poteva dare origine – come scriveva Lenin – a «un’interpretazione erronea sull’impossibilità della vittoria del socialismo in un solo paese e sui rapporti di questo paese con gli altri». Chiarendo il suo punto di vista, Lenin proseguiva: «L’ineguaglianza dello sviluppo economico e politico è una legge assoluta del capitalismo. Ne risulta che è possibile il trionfo del socialismo dapprima in alcuni paesi o anche in un solo paese capitalistico, preso separatamente. Il proletariato vittorioso di questo paese, espropriati i capitalisti e organizzata nel proprio paese la produzione socialista, si porrebbe ‘contro’ il resto del mondo capitalistico, attirando a sé le classi oppresse degli altri paesi, infiammandole a insorgere contro i capitalisti, intervenendo, in caso di necessità, anche con la forza armata contro le classi sfruttatrici e i loro Stati» (3). Già allora Trotsky pubblicò le sue obiezioni sul suo giornale parigino «Naše slovo» («La nostra parola»). Scriveva, in particolare: “«L’ineguaglianza dello sviluppo economico e politico è una legge assoluta del capitalismo». Da qui, il “Sozialdemokrat” trae la deduzione che la vittoria del socialismo sia possibile in un solo paese, e che è perciò inutile condizionare la dittatura del proletariato in ogni singolo paese alla creazione degli Stati Uniti d’Europa. Che lo sviluppo capitalistico dei diversi paesi sia ineguale è una considerazione assolutamente indiscutibile. Il livello capitalistico dell’Inghilterra, dell’Austria, della Germania e della Francia non è identico. Ma in confronto con l’Africa e l’Asia, tutti questi paesi rappresentano l’«Europa» capitalistica, matura per la rivoluzione sociale. Che nessun paese debba «stare ad aspettare» gli altri nella sua lotta è una considerazione elementare, che è indispensabile e utile ripetere affinché all’idea di un’azione internazionale parallela non si sostituisca quella di un’inattività internazionale volta all’attesa. Senza aspettare gli altri, noi cominciamo e continuiamo una lotta sul terreno nazionale con l’assoluta certezza che la nostra iniziativa darà la spinta alla lotta in altri paesi; e se questo non avvenisse, è inutile sperare – ne sono testimoni l’esperienza storica e considerazioni teoriche che, ad esempio, una Russia rivoluzionaria riesca a reggere di fronte a un’Europa conservatrice, o che una Germania socialista possa rimanere isolata in un mondo capitalistico” (4). Lenin, che pur conosceva indubbiamente le obiezioni di Trotsky, anche nel successivo 1916, in un articolo sul programma militare della rivoluzione proletaria, ripeté in termini quasi identici il suo concetto della possibilità non solo della rivoluzione socialista, ma del trionfo del socialismo (5). In secondo luogo, Lenin non designava affatto, in quell’occasione, un qualche singolo paese capitalistico come particolarmente prossimo alla rivoluzione socialista. Anzi, estendeva le sue considerazioni perfino a paesi relativamente piccoli e neutrali come la Svizzera. Nelle ‘Posizioni di principio sul problema della guerra’, redatte nel dicembre 1916, a proposito della situazione sviluppatasi fra i socialisti svizzeri, Lenin scriveva: «Allora sarà assolutamente giusto dire che: o il popolo svizzero patirà la fame, una fame ogni settimana più terribile, o correrà quotidianamente il rischio di essere coinvolto nella guerra imperialistica, cioè di farsi massacrare per gli interessi capitalisti, oppure esso seguirà il consiglio della parte migliore del suo proletariato, radunerà tutte le sue energie e realizzerà la rivoluzione socialista… Tuttavia le grandi potenze non tollererebbero in nessun caso una Svizzera socialista, e i primi germi della rivoluzione socialista sarebbero soffocati dalla schiacciante preponderanza di forze di tali potenze! Le cose andrebbero innegabilmente così se, da un lato, una rivoluzione potesse avere inizio in Svizzera senza suscitare un movimento di solidarietà di classe nei paesi vicini, e – se, dall’altro lato, le grandi potenze non si trovassero nel vicolo cieco d’una «guerra di logoramento» che ha ormai esaurito quasi del tutto anche la pazienza dei popoli più pazienti» (6). Tuttavia Lenin non escludeva affatto da questa analisi la Russia autocratica” [Roj A. Medvedev, ‘Il socialismo in un solo paese’] [(in) ‘Storia del marxismo’, Volume terzo, ‘Il marxismo nell’età della Terza Internazionale. I Dalla rivoluzione d’Ottobre alla crisi del ’29’; ‘Storia del Marxismo’] [(3) v. Lenin, Opere, vol. 21, p. 314; (4) L’articolo apparso su “Naše slovo” fu poi ristampato da Trotsky nella raccolta ‘Programma mira’ (Programma di pace), uscita nell’agosto 1917, e incluso in seguito nelle opere complete, la cui pubblicazione iniziò in Urss nella prima metà degli anni ’20 (L. Trotsky, ‘Socinenija, vol. 3, I, pp. 89-90); (5) Lenin, Opere, vol. 23, p. 77; (8) Ibid., pp. 154, 155-56] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]
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- Articolo pubblicato:19 Novembre 2016